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Anno edizione: 2002
Anno edizione: 2020
Anno edizione: 1999
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Cosa fareste in caso qualcuno vi rivelasse un segreto, un oscuro scheletro nell'armadio che riguarda la persona che vostra sorella ama, che magari sposerà, ma vi si dicesse di non proferir parola della questione a nessuno? Vi terreste tutto per voi o rischiereste di passare per la pettegola della situazione, rovinando magari uno o più rapporti? E' su questo dilemma esistenziale che si basa "Lo diciamo a Liddy?", romanzo sottotitolato con la frase -che io trovo perfetta- una commedia agra. Dopo le prime cinquanta pagine la risposta alla domanda principale verrà trovata, ma la situazione, anziché risolversi, peggiorerà ulteriormente. Se dovesse diventare una pellicola cinematografica, in realtà, più che di "commedia" parlerei di "film drammatico". Nonostante ci fossero tutti i presupposti per un libro di quelli che piacciono a me (una protagonista vendicativa, un'accusa alle famiglie dai confini molto confusi, segreti e rancori vari), non l'ho amato alla follia -forse perché mi ha ricordato qualcosa di personale? Non è però comunque un brutto romanzo, anzi, fa riflettere più di una volta sull'ambiguità dei rapporti umani (soprattutto di quelli familiari) e su una verità amara, anzi, amarissima: «sappiamo così poco gli uni degli altri, finché non succede un patatrac, naturalmente». Più che leggerlo è un romanzo che si beve tutto in un fiato (attenzione ai sorsi traditori)
Con questo suo romanzo, Anne Fine è riuscita a riconciliarmi con il mondo delle "protagoniste", soprattutto nel caso in cui siano il frutto di una penna tutta al femminile. E non posso fare a meno di ringraziarla per questo. Questa "commedia agra" coinvolge quattro sorelle molto unite, quattro donne molto diverse tra loro, ognuna con i suoi difetti: Bridie, ad esempio, deve avere sempre tutto sotto controllo, proprio non ce la fa ad infischiarsene! Heather, invece, è l'indifferenza fatta persona, mentre Stella vive in un mondo fatto di soprammobili da spolverare e nuove ricette da provare. Liddy è la più piccola e la più viziata delle sorelle e, nonostante un matrimonio fallito alle spalle e due figli piccoli, si comporta come se fosse ancora una ragazzina spensierata, sempre pronta a scoppiare in lacrime per un rimprovero e a sorridere per un piccolo regalo. Le sorelle sanno qualcosa che riguarda il futuro marito di Liddy, qualcosa di molto importante: voci difficili da ignorare. Lo diciamo a Liddy? Anne Fine si avvale di questo dilemma per dare il via al disvelamento di un'incredibile serie di eventi, come se questo interrogativo fosse la prima tessera di un domino inarrestabile: un crollo costante ma inesorabile che prende forma tra le rassicuranti mura domestiche. Quel nido accogliente, in cui credevi di poter sempre trovare conforto e comprensione, si spoglia, pagina dopo pagina, di questo aspetto innocuo, quasi salvifico, per mostrare il suo vero volto. Cadono le maschere, ed ognuno è costretto a mostrare le proprie carte, smontando pezzo dopo pezzo l'immagine della famiglia felice che tanto accuratamente erano riusciti a riprodurre. L'incanto svanisce e si scopre che il castello è soltanto una capanna e, finita l'illusione, si sente la voglia di vendicarsi, di ripagare tutti con la stessa moneta. Si finisce così a pensare che sia molto meglio fregare che essere fregati, anche se questo significa perdere ogni volta un pizzico di umanità. Fa male scoprire che i nostri parenti non sono quelli che abbiamo sempre creduto che fossero, davvero; certe prese di coscienza stravolgono irrimediabilmente il nostro modo di affrontare la vita, e ci si ritrova prosciugati di tutti quei buoni sentimenti di cui credevamo di avere una bella scorta. La scrittura sobria di Anne Fine si insinua delicatamente tra i pensieri e i sentimenti più nascosti della nostra protagonista (e non vi dico chi é!), accarezzandone ogni superficie e mantenendo sempre viva l'attenzione del lettore. Non c'è una sola riga noiosa o, peggio ancora, autocompiaciuta e, in più, i proverbi della defunta madre, sempre intriganti e sopra le righe, aggiungono una nota di "pettegolezzo di paese" che rende tutto più frizzante.
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