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Anno edizione: 1988
Anno edizione: 2022
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«Come un’inondazione di corvi neri nelle fibre del suo albero interno», la società suicidò van Gogh. Non fu dunque il pittore a soccombere a un suo delirio, ma un delirio ben più vasto e maligno, l’affatturamento capillare che è la prima opera della società stessa, a farlo soccombere. Non si creda, però, che qui Artaud anticipi le innumerevoli accuse alla società cattiva e oppressiva che hanno ammorbato i nostri anni. Artaud, come sempre, è ben più radicale. Non gli basta il predominio di una classe sull’altra, o la malvagità del denaro, per inchiodare la società. Ma è la magia nera della società stessa, l’universale fattura che essa fa agire su tutti a essere chiamata qui da Artaud con il suo nome. È questa la prima e insuperata forma di «crimine organizzato» che ci governa. Van Gogh, e come lui Gérard de Nerval, o Artaud stesso, stavano per sottrarsi alle maglie di quella fattura, ma ne furono alla fine catturati di nuovo, come vittime preziose, di cui spartirsi le spoglie. Un anno prima di morire, nel 1947, Artaud affrontò van Gogh, raccontando la sua «funebre e rivoltante storia di garrottato da uno spirito malvagio», e illuminando con la luce barbagliante delle sue frasi spezzate ciò che significa la maledizione dell’artista, il nemico occulto del suo opus: «In fondo ai suoi occhi come depilati, da beccaio, van Gogh si abbandonava senza tregua a una di quelle operazioni di oscura alchimia che hanno preso la natura per oggetto e il corpo umano per marmitta o crogiolo».
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Scrittura esageratamente ermetica, poetica e simbolica che distoglie l’attenzione dal senso primario dell’opera
Saggio consigliato a chi ama l'arte di Van Gogh e la scrittura dissacrante di Antonin Artaud, due geni che in vita furono etichettati pazzi da una società malata, una società che voltò la spalle dinanzi al loro estro creativo. Questo saggio fu scritto da Artaud nel 1947, dopo che aveva trascorso nove anni in manicomio, e chi meglio di lui poteva capire e conoscere l'animo del pittore olandese? Artaud ci trasporta in alcuni quadri di Vincent e ci mostra che, dove gli altri vedevano la follia, lì si celava l'originalità di un grandissimo pittore. ESTRATTO: "Van Gogh ha scagliato i suoi corvi come i microbi neri della sua milza di suicidato a qualche centimetro dall'alto e come dal basso della tela, seguendo lo sfregio nero della linea in cui il battito del loro ricco piumaggio fa pesare, sul rimescolarsi della tempesta terrestre, la minaccia di un soffocamento dall'alto. Eppure tutto il quadro è ricco. Ricco, sontuoso e calmo il quadro. Degno accompagnamento per la morte di colui che, in vita sua, fece volteggiare tanti soli ebbri su tanti covoni liberi da ogni vincolo, e che, disperato, con una fucilata nel ventre, non seppe non inondare di sangue e di vino un paesaggio, inzuppare la terra di un'ultima emulsione, gioiosa al contempo, e tenebrosa, con un sapore di vino inacidito e di aceto andato a male''.
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