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Giovannino de Grassi e Belbello da Pavia – che la committenza viscontea ha indissolubilmente legato all’offiziolo visconteo della Biblioteca Nazionale di Firenze – stanno ai capi opposti della secolare vicenda tardogotica lombarda: del 1370 è una delle prime miniature di Giovannino, intorno al 1470 si collocano le ultime opere note di Belbello. Di questa vicenda rappresentano anche due aspetti profondamente diversi per le vicende di lavoro e di vita, per il carattere e, soprattutto, per il modo in cui si rapportarono al proprio tempo e al proprio mondo: il primo in un’armonia di accordo che ne fa un esponente specifico; il secondo, invece, dal suo mondo si isolò progressivamente, in una parabola discendente da pittore di corte ad artista ospitato quasi per carità in cambio del suo lavoro.
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