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Il testo è curato da Marco Armiero, affermato storico dell'ambiente, che riesce a comporre un interessante libro-denuncia raccogliendo le esperienze di queste giovani dieci donne, madri e non. Le giovani narratrici provengono tutte dalla martoriata "Terra dei fuochi", e con uno stile di scrittura sincero e spesso carico di emozione riescono a trasmettere la loro militanza, la loro lotta per difendere la propria salute in un territorio dove il tasso di mortalità per tumori è elevato ed intere famiglie sono state devastate dai lutti. Un lotta delle donne prima contro le Ecomafie: in particolare la Camorra, che ha riempito ogni angolo, ogni singolo anfratto di quel fertilissimo territorio che era in antichità la Campania Felix, con ogni sorta di rifiuto tossico industriale e non. In secondo luogo una lotta contro lo Stato, che spesso non difende le piccole comunità locali, ma porta avanti l'interesse di chi vuole continuare con lo stesso sistema delle discariche, che non vuole dare una svolta positiva alla situazione dove i criminali la fanno da padrone. Un libro da leggere per aprirsi gli occhi, per capire come spesso soltanto l'azione congiunta dal basso possa riscattare un territorio. Da leggere soprattutto per vedere il problema della terra dei fuochi dalla parte delle popolazioni residenti, che sono spesso più vittime che complici del malaffare e del malgoverno.
Marco Armiero definisce il suo libro come un esempio di "guerrilla narrativa". Le storie che egli raccoglie, se lette, sia singolarmente, sia come parte di un tutto, dimostrano effettivamente quanto la scrittura sia una vera e propria arma. Un'arma che, però, non serve per attaccare, ma per difendersi da quanti sostengono che siano proprio gli abitanti della "terra dei fuochi" ad inquinare l'aria con le loro proteste. Ma, al di là dei paradossi che si trovano ogniqualvolta vengono messi in luce i rapporti tra politica e malaffare, un altro aspetto colpisce di queste storie. Le donne sono voci narranti e, al tempo stesso, protagoniste, mentre gli uomini appaiono solo come coprotagonisti o addirittura non compaiono. La presenza femminile domina nel libro, così come nel territorio. Forse perché sono proprio le donne che sentono di essere madri e, quindi, protettrici, non solo dei figli, ma anche della comunità in cui vivono o alla quale appartengono. Ed esse sono forse le uniche in grado di intermediare tra la comunità stessa e lo Stato, affinché nessuno dimentichi.
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