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Un viaggiatore é in genere spinto dal desiderio di avventura, di scoperta, per poter godere dei sapori, colori e delle meraviglie che il mondo ha da offrire. Ciò che troppo spesso ci sfugge, é che il viaggiatore compie anzitutto un viaggio dentro sé stesso ogni volta che parte, ogni volta che si confronta con una realtà differente dalla propria e che si concede il prezioso dono del conoscere altre persone. Questo é quanto accade a Guido e Marta. Bianca Baratto con ‘Il ritorno’ (non avrebbe potuto scegliere titolo migliore!) conserva una struttura ed un ritmo ben precisi lungo tutto il racconto ed accompagna il lettore in una scoperta-riscoperta di sé, attraverso le esperienze e gli incontri vissuti dai due protagonisti del romanzo. Anzi oserei dire che i protagonisti di questa storia sono tre ed é il terzo la chiave di tutto. Guido é un giornalista che si destreggia, come un equilibrista, tra la propria vita professionale e quella sentimentale avvertendo una sorta di lieve, ma opprimente insoddisfazione in entrambe. Marta é una bella ed interessante psicologa con l’animo gentile e la difficoltà ad esternare le proprie emozioni data dall’essere cresciuta in un ambiente fondamentalmente anaffettivo, eccezion fatta per le tenere attenzioni della sua tata indiana, Tanushri. La misteriosa morte di quest’ultima, rinvenuta nel suo appartamento addormentata su un letto di fiori, sarà l’inizio di un percorso che condurrà i due ragazzi in India. Da Nuova Dehli a Calcutta, vi sembrerà di visitare quei luoghi e di coglierne l’essenza voi stessi. Io stessa sono una incallita viaggiatrice e l'India è una delle mete che mi sono ripromessa da tempo di visitare, ma che (ahimé) sono costretta a rimandare a causa della scarsità di fondi ?, per cui questa lettura mi ha fatto ritornare la voglia di visitarla il prima possibile. Il ritorno, ha uno stile scorrevole e molto semplice ed é proprio qui che ravviso l’unica critica che sento di muovere a questo romanzo: alcuni dialoghi hanno una estrema semplicità anche quando il contesto richiederebbe una esposizione più formale. Eccezion fatta per questo particolare, che é un aspetto la cui percezione é assolutamente soggettiva, la storia mi ha appassionato e mi ha coinvolto fino all'ultima pagina. Ho ritrovato, nelle debolezze e nelle insicurezze di Guido e Marta, molte delle mie. L'autrice, inoltre, ci ricorda che la vita deve essere fatta di attimi e momenti indimenticabili, ognuno di essi unico e irripetibile. Che va vissuta intensamente prendendoci il tempo di fare le cose senza foga, di assaporare il cibo senza ingordigia, di amare appieno, di ritrovare il nostro ritmo e non quello imposto dalle situazioni in cui ci troviamo, altrimenti finiranno per prendere il sopravvento sulla nostra esistenza e ci sfuggirà tra le dita il diritto di plasmarla a nostra immagine e di far sì che lei si adatti al nostro modo d’essere e mai viceversa.
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