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In un romanzo recente di Saramago la morte è messa in ginocchio dalla sovrana bellezza della musica: la musica rende immortali. Se davvero così fosse, se non fosse solo un bel racconto saremmo tutti a suonare anziché a scrivere, a leggere, a fare qualunque altra cosa che non sia strimpellare un qualunque strumento. Non può essere così. La musica ha però la capacità di far vibrare le corde più intime, quelle della nostra anima, e se non ha il potere del miracolo e dell'immortalità certo arriva a produrre dei cambiamenti anche molto importanti. Il testo ha una impronta scientifica marcata: è un lavoro che unisce le ultime lezioni del medico e professore Boris Luban Plozza sul rapporto tra cervello e melodia, all'elaborazione del musicista e medico Carlo Delli Noci, assistente nel reparto di medicina psicosomatica fondato da Plozza in Svizzera, e una parte molto interessante del giornalista e critico musicale Davide Ielmini, studioso di sociologia della musica. Ci si può specchiare nel suo capitolo dedicato allo studio dell'ascolto : i sei tipi di ascoltatori di musica secondo le categorie di Adorno. L'esperto, il buon ascoltatore, il consumatore di cultura, l'ascoltatore emotivo, quello risentito o astioso, l'ascoltatore di musica leggera: si può essere passati da una categoria all'altra nelle varie età, dalle canzonette che si consumano in pochi minuti ma che rimangono in memoria al Bolero che ripete e produce quel piacevole senso di attesa che dà il brano conosciuto, qui fino all'ossessione. All'emotiva sonata per pianoforte op. 27 di Beethoven, al concerto per tromba e orchestra di Haydn che dà un brivido. Non c'è un modo unico e assoluto di amare la musica, di goderne. Dorfles parla di assaporamento : il gusto come senso principe su cui poggia la nostra sensibilità e che ci fa bene.
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