All’epoca che le fanciulle avevano sessant’anni un gran mago chiese che cosa loro volessero ancora dalla vita. E il mago era piuttosto importante, uno di quei maghi che separano le acque, fanno girare le lune in cielo anzi ne aggiungono un po’ di qua e di là quando gli umani si annoiano sulle panchine delle calure estive dei giardinetti dove stazionano gli anziani sicché quelli guardando molte lune serali non una sola ma appunto molte lune serali sparse ai quattro angoli del cielo diventano meno anziani e più vividamente felici. E una fanciulla disse che avrebbe voluto avere dei nipoti per portarli nei giardini e accudirli e riscaldarli vicino al suo cuore, nipoti che riempissero le sue vuote giornate. Disse il mago: “Non sei sincera, non dici la verità, e nessun desiderio si può esaudire se non è sincero”. La fanciulla gli voltò le spalle e se ne andò lesta tirandosi sgarbatamente la gonna, di colpo divenuta vecchia da fanciulla che era. “Le fanciulle di Cetta Petrollo – scrive Loredana Magazzeni nella prefazione – ci appaiono una dopo l’altra come in una processione rituale di antiche civiltà, in cui ciascuna reca a noi i suoi doni di poco conto, foglie o fiori o sassi, e ciascuna li depone ai piedi di un mago. Un giorno quel mago squarciò il buio e mostrò le stelle e il firmamento a chi, con occhi limpidi, vedeva, con entusiasmo di fanciulla, il viaggio e la rotta che quelle mani leggere e fatate aprivano. (...) Sono le parole e il loro fiato a mostrare le cose e a raccontare il corpo, scrive ora Cetta, e intanto davanti ai nostri occhi di lettori prende avvio la lenta metamorfosi con la trasformazione del corpo (il corpo dei sessant’anni, così difficili per ogni donna, anche se “donna vuol dire pienezza di sé”), e dell’anima". (dalla prefazione di Loredana Magazzeni)
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