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Leggere gli scritti degli artisti è generalmente molto istruttivo, poiché quasi sempre è proprio attraverso quegli scritti che ne riconsideriamo l’opera nella sua complessità e profondità; gli scritti dell'artista sono infatti il mezzo migliore per liberarci di molti di quei pregiudizi banalizzanti nati dall'inesperienza e dalla conoscenza superficiale delle opere e di colui che le ha prodotte. Il caso degli scritti di Claude Monet è paradigmatico: una volta letti,l'immagine facilona dell'impressionista felice e disimpegnato non può che essere rigettata definitivamente;stessa sorte toccherà a quell'eventuale atteggiamento superficiale che guidava il nostro occhio (abituato a puzzle,gadgets e stampe nei salotti) quando si trovava davanti ad un quadro impressionista. Questi scritti contribuiscono quindi, in maniera determinante, a dare il giusto peso a Monet e alla sua opera. Cade l’impressione di faciltà dataci dalle visioni serene di Parigi incendiata dal sole,dei campi fioriti e delle spensierate scampagnate estive, perché scopriamo quanto sia sofferto il processo che ha portato a quelle immagini di serenità . Scrive l'artista:”io solo posso conoscere le mie inquietudini e il male che mi procuro per finire tele che non soddisfano neppure me stesso”. Uno dei temi che ricorre maggiormente negli scritti raccolti nel volume è la difficoltà di approcciare il nuovo paesaggio, la difficoltà di rendere sulla tela le sensazioni che la nuova veduta innesca nell'occhio e nell'anima del pittore: “… poi occorre sempre un certo tempo per familiarizzarsi con un luogo nuovo…'; questo vuol dire che la tecnica impressionista,almeno nell'accezione datale da Monet,non è una tecnica meccanica,o una formula che si possa applicare senza problemi ad ogni tipo di motivo che si sceglie di rappresentare;al contrario,ogni paesaggio,ogni brano di natura ha la sua peculiarità,ogni effetto di luce e d'atmosfera appartiene solo al dato luogo e a nessun altro:il pittore impressionista non potrà che cercare di adeguarsi al paesaggio e ai suoi effetti,rendendoli sulla tela col solo ausilio di una tecnica pittorica che è,dunque, continua e ardua sperimentazione. Da qui la sofferenza di Monet,che a volte sfocia nella disperazione autentica (“ne ho appena distrutte almeno trenta[tele]”).
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