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MARIA TERESA LEZZI FIORENTINO “Il colore delle cose fragili è la parte migliore di me, quella che ho accudito per tanto tempo e che ora si trova nuda tra le tue mani.” Le parole di Cristina Carlà ci fanno sentire subito persone fidate, alle quali affidare qualcosa di prezioso; persone responsabili, capaci di leggere, interpretare, ascoltare ciò che va oltre la forma, il suono, l’etichetta. Quello che si presenta ai nostri occhi è un torrente in piena: la scrittura creativa scorre impetuosa, superando ogni argine. Le parole sono in gioco, s’incontrano, si accostano in uno scherzo sonoro e danno vita a significati nuovi, ad associazioni oggettive e soggettive, regalando sorrisi, emozioni, pensieri, poi scivolano via lasciando il segno. Prosa e poesia, l’una nell’altra. Sono pagine di prosa che risuonano poesia nel proprio cuore e accomunano alla scrittrice nel sentire. Pagine gradevoli, intense, alcune a tratti inquietanti, ma quando sembra tutto sia chiaro, evidente al lettore attento, il non detto resta incatenato tra le parole e le ipotesi di significato sono appese al filo della mente senza soluzione. "Parole nuove e croccanti come pop-corn" o dolcissime come la maestra Laura, di "una dolcezza che vorresti tenere appesa a una catenina a mo’ di ciondolo portafortuna"; acquose e tristi "da mettere nel recipiente di terracotta dove tiene custodita la sua malinconia." Incantevole l’immagine della scrittrice-ladra che entra nelle case di altri per mettere a soqquadro i cassetti delle loro anime. E poi ci ritroviamo tutti protagonisti inconsapevoli del teatrino della vita, segnato dal nero dell’inchiostro della scrittrice.
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