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La Francia vanta un buon numero di assassini seriali e se Martin Dumollard e Joseph Vacher sono certamente meno noti, assai più conosciuti sono Henri Landru e Marcel Petiot. A quest’ultimo David King ha dedicato un’opera monumentale (454 pagine) con cui, mescolando la creatività propria del romanzo e la puntigliosità del ricercatore storico, ci fornisce il ritratto di un personaggio di particolare interesse, in cui il male sembra innato e prevale comunque sempre sul bene. Petiot, che a seguito dello stress patito durante la Grande Guerra fu riconosciuto totalmente insano di mente e che ciò nonostante riuscì a laurearsi in medicina con ottime votazioni, successivamente, in occasione del processo contro di lui tenutosi nel 1946, fu invece definito da un collegio di psichiatri perfettamente in grado di intendere e di volere, e proprio per questo motivo fu riconosciuto colpevole di 27 omicidi e condannato a morte, sentenza eseguita il 25 maggio 1946 ricorrendo alla ghigliottina. Il personaggio, che cercò di difendersi attribuendosi molti più delitti, ma perpetrati nei confronti di nazisti e di loro collaboratori, e non di innocenti ebrei come invece asserito dall’autorità inquirente e appurato, pur con non pochi punti oscuri, nel corso del processo, è indubbiamente uno di quelli in grado di calamitare l’attenzione della folla, per una innata capacità di apparire tutt’altro che sanguinario, insomma un vero e proprio mostro dalla doppia personalità. L’autore, secondo me, avrebbe dovuto approfondire maggiormente questa caratteristica, invece di dedicare troppe pagine alla ricerca, in corso di guerra, di quello che ormai era considerato dalla polizia un nemico pubblico di notevole giustificata pericolosità. Fra false segnalazioni, non poche illazioni e anche alcune tracce possibili si sprecano non poche pagine che appesantiscono inutilmente l’opera, come anche alcune digressioni dedicate a uomini della cultura dell’epoca (Sartre, Camus, Picasso e altri) che non trovano una ragione logica per il loro inserimento. Dato che ritengo che l’intenzione di King fosse quella di scrivere un thriller ad alta tensione tutti questi elementi dispersivi finiscono invece per afflosciare il ritmo, per trasformare l’iniziale attrazione in un sempre più accentuato senso di noia. Ed è un peccato, perché Marcel Petiot ha tutte le caratteristiche del delinquente in grado di polarizzare su di lui l’attenzione del lettore, meravigliato per la sua non comune intelligenza e inorridito per l’efferatezza dei suoi delitti. Resta comunque un romanzo leggibile, anche se si è persa l’occasione per lasciare un segno, ovviamente positivo, nel vasto panorama letterario.
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