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Dopo quindici anni da L’età dell’oro, Edoardo Nesi torna in libreria con La mia ombra è tua e firma il suo romanzo migliore: il racconto d’una passione incontenibile, e d’un giorno che “vale una vita intera”.
«Edoardo Nesi è un creatore di mitologie» – Elena Stancanelli, TTL La Stampa
«Un atto di amore per la letteratura, un gesto d'amore per la vita» – Gianpaolo Serino, Staisfaction
«Nesi cattura questo nostro folle mondo con arguto ardore da castigamatti» – Stefania Vitulli, Il Giornale
È una storia, questa. Una storia d’amore. Iniziata quarant’anni fa, e mai finita. Ed è anche la storia d’un viaggio nell’Italia del 2019, epico e comico, ebbro e stupefatto, sventatissimo, intrapreso su una Jeep del 1979 senza né tetto né sportelli né parabrezza da Emiliano De Vito, un ventiduenne appena laureato summa cum laude in Lettere Antiche, e Vittorio Vezzosi, lo scrittore d’un solo libro, pubblicato nel 1995 e accolto da un successo planetario che lo convinse a rinchiudersi in una casa colonica sopra Firenze e non farsi più vedere da nessuno, e non pubblicare più neanche una parola. E mentre questi due antieroi se ne vanno litigando – troppo distanti le loro generazioni e visioni del mondo, troppo diversi i destini – verso Milano e la fiera-mercato degli anni Ottanta e Novanta, dove il Vezzosi ha incomprensibilmente accettato di tenere un discorso, infrangendo un silenzio durato un quarto di secolo, l’attenzione d’un mondo impazzito si riversa su di loro, e i social convinceranno l’Italia a fermarsi per ascoltare in diretta il Vezzosi, “l’unica risorsa e l’ultima speranza”, mentre fa i conti col suo e col nostro passato, e soprattutto con l’immenso, pericoloso potere della nostalgia che attanaglia e stringe forte – troppo forte – il presente e il futuro di questo nostro paese perso nel ricordo di sé, e governato dai demagoghi peggiori.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
“La prima volta che mi vide, il Vezzosi mi prese a fucilate” Inizia così la storia del Vezzosi, uno scrittore egocentrico, a volte sgarbato, insolente e spiazzante. Ha pubblicato un libro venti anni prima, “I lupi dentro”, e il successo è stato folgorante. Ora vive come un eremita in una villa isolata sulle colline attorno a Firenze, assieme ai suoi tantissimi libri impilati in modo disordinato in una grande stanza. È un accumulatore, un collezionista, un uomo dalle mille passioni. Ha una stanza della musica e una stanza del cinema. Lo accudisce Mamadou, un uomo energico e molto protettivo. Emiliano è un neolaureato in letteratura, impostato, categorico, e viene assunto come assistente, con il compito di indagare sul nuovo romanzo che il Vezzosi conferma di scrivere. La convivenza ha delle regole precise: niente internet, niente giornali, niente foto. Il maestro scrive sempre o sta pensando a cosa scrivere, quindi non va mai disturbato. I due si studiano, si confrontano e si affrontano. Sono di due generazioni totalmente diverse e il divario sembra incolmabile. Ma la condivisione di un progetto importante li avvicina. Un viaggio a Milano, con la partecipazione a un evento sugli anni Ottanta e Novanta, pubblicizzato sui social, darà l’occasione al Vezzosi di rivedere la sua Marina, amore di gioventù. I due partono a bordo di una jeep del 1979, senza tetto, sportelli e parabrezza. Ed è inevitabile conoscersi, odiarsi e poi rispettarsi, e infine affezionarsi l’uno all’altro. Il libro è una grande storia di amore e di amicizia, sulle ali della nostalgia; Emiliano (Zapata), fermo nelle sue convinzioni e il Vezzosi, ancorato al suo passato, alla fine trovano un equilibrio e imparano entrambi qualcosa, abbattendo qualche muro e appoggiandosi l’uno all’altro. Ho amato la loro storia e mi sento già orfana. È uno di quei libri che non vorresti mai finire. IG: Libri_my_love
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