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Marcello Roda (1813-1892) studiò botanica a Torino e a vent’anni cominciò a lavorare a Racconigi come garzone giardiniere alle dipendenze del re; quando morì il padre fu promosso “Giardiniere del Reale Giardino a Fiori nella città di Racconigi”, poi, insieme al fratello Giuseppe (1821-1885), studiò arte e disegno presso l’Accademia di Brera. Carlo Alberto quindi finanziò loro un viaggio in Olanda, Francia, Inghilterra, da sud a nord dell’Europa a esplorare, a cercare ispirazioni, a far propria l’arte del giardino. Un vero Viaggio d’Istruzione che confermò la loro passione e la loro capacità come orticoltori, disegnatori e architetti di giardini. “Nel 1859 Marcellino diventò direttore del Parco Reale di Monza, mentre Giuseppe nel 1863 fu nominato direttore di quello di Racconigi, carica che rivestì fino al 1870 quando i due fratelli aprirono in zona Crocetta lo Stabilimento orticolo “Fratelli Roda” [in seguito trasferito in strada Pellerina 355, proprietà Calcaterra, nei pressi di Corso Lecce, a Torino], per far fronte alla numerosa committenza privata impiegando nell’impresa familiare anche figli e nipoti”. I fratelli intervennero in diversi parchi piemontesi, a Pollenzo, ad Agliè, e trascrissero la loro bravura in ricchissimi trattati (Il Manuale del giardiniere floricoltore, Guida alla conoscenza dei fiori alpini, Delle rose…, Trattati di apicoltura). Presso la sezione Corte dell’Archivio di Stato di Torino si trovano le minute per una Pomologia scritta da Marcellino, disegnata da Giuseppe, riportata e commentata in questo prezioso e corposo volume de L’Artistica Editrice di Savigliano, con la cura di Elena Accati e di Agnese Fornaris. Sono 170 tavole di cartoncino beige in cui la squadratura è fatta a mano, a matita, e i disegni delle mele, pere, pesche, susine, fragole, delle mandorle e di altri frutti sono colorati con le matite nelle loro perfezioni e imperfezioni delle bucce che segnano l’unicità del frutto e la libertà del sole su di esse. I disegni sono così aderenti al colore verde-chiaro-giallo della buccia seminata di puntini bruni della Mela Calvilla d’Inghilterra, così uguali al rosso-bruno-nerastro della Mela Appiola Nera, al colore della sua polpa bianca-verdognola, così perfetti e aderenti alla realtà che se ne può intuire anche la consistenza, la compattezza fine e tenera, il gusto zuccherino e appena appena acidulo… Queste tavole sono una sontuosa alzata di frutta -sul tavolo di legno di una cucina, della credenza, della camera fresca dove si mettevano a riposare e a conservare i frutti appena colti. I fratelli Roda hanno lasciato solo cinque tavole di uve disegnate –senza descrizioni-. Forse i vitigni erano coltivati solo per uso familiare: la Luglienga o Lugliatica è quella che matura prima nei suoi grappoli gonfi di acini giallo-verdastri, molto fitti, ticchiolati di ruggine qua e là, con dentro, nelle pennellate di colore, ancora il caldo del sole di luglio e di agosto (a pagina 357 del libro dei frutti perduti).
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