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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
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Miraggi e incontri, scorci di storia e storie minime si compongono in un grande affresco che attraversa un secolo e oltre: un romanzo intriso di nostalgia e umorismo, delusioni e speranze per una famiglia di ebrei di Baghdad che affronta a testa alta un destino collettivo di viaggio, sradicamento e – forse – riconciliazione.
«Viaggiare è soltanto fare provvista di ricordi, aver fame di nostalgia.»
La memoria è fatta di dettagli, parole, piccoli cortocircuiti. Il ricordo più bizzarro e remoto riaffiora in un certo cibo, in un taglio di luce londinese che pure nulla ha a che vedere con il bagliore abbacinante del deserto, oppure mentre si risponde al telefono, che anche senza più fili continua a unire chi ha scelto di andare lontano e chi si è fatto portare lontano da qualcun altro. Tutto è cominciato lì, a Baghdad, all'inizio del Novecento, o forse qualche millennio prima; a Baghdad, dove Flora, Ameer e Violette sono rimasti giovanissimi e soli quando Norma, madre inquieta destinata a mutarsi in matriarca senza età, è partita, prima di tutti gli altri, per inventarsi un'altra vita oltreoceano. New York, Milano, Gerusalemme, Londra, Haifa, Teheran, Madrid: il mondo è piccolo per chi ha la diaspora nel sangue e sa già, sa da sempre che ci sono viaggi senza ritorno.
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Il romanzo della Loewenthal è molto intrigante e coinvolgente. Ti rimanda a luoghi esotici come la lontana Baghdad o tutto il Vicino Oriente. Leggendo la storia ti immedesimi nei quattro personaggi, sopratutto nel risentimento filiare verso la madre. La Loewenthal, da grande studiosa, cura nei particolari la storia (con la S maiuscola) che gira intorno ai personaggi: la creazione dello stato di Israele e lo scoppio dell'antisionismo nel mondo arabo sono al centro della fuga dei personaggi dalla capitale irachena. Lo consiglierò a qualche mio amico o collega
Recensioni
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