“Si può far cadere, lasciar andare, buttare a terra un oggetto per rabbia o per disprezzo – dell’oggetto e di sé – o per disperazione: in tutti questi casi si tratta di un gesto in cui la malinconia degli uomini e delle donne si allea alla malinconia della materia. … Ovunque un oggetto giace al suolo, persino se è una scacchiera ai piedi di una tornita odalisca in una tela di Matisse, o la busta di una lettera ai piedi di un’elegante contessa in blu, tutta raso e fulgore, in un quadro del mondano Stevens, o addirittura qualche foglio o cuscino ai piedi delle rassicuranti donne di Vuillard nella luce soffusa di una perfetta intimità domestica, ovunque giaccia, l’oggetto che giace al suolo insinua in chi lo contempla il malessere di ogni cosa caduta, abbandonata, dimenticata. Nel tempo eterno dell’immagine nessuno lo raccoglierà.”Elisabetta Rasy insegue la traccia oscura della malinconia che lega e unisce opere diverse e lontane da Goya a Hopper, dai mosaici antichi a Caravaggio, da Giorgione al chiostro di Santa Chiara a Napoli.Seguendo il gioco metamorfico delle figure attraverso i secoli e lasciandosi coinvolgere, con i suoi ricordi e le letture amate, nell’avventura dello sguardo, l’autrice congiunge in uno stesso pathos la mano dell’artista e l’occhio dello spettatore dentro una sequenza di saggi narrativi sulla trama emotiva, individuale e storica, nascosta dietro la superficie delle immagini.Elisabetta Rasy è nata a Roma dove vive e lavora, avendo passato l’infanzia a Napoli, la città della sua famiglia. Ha pubblicato numerosi libri di narrativa tra cui La prima estasi (Mondadori 1985), Posillipo (Rizzoli 1997), La scienza degli addii (Rizzoli 2005), L’estranea (Rizzoli 2007), Memorie di una lettrice notturna (Rizzoli 2009).Suoi racconti sono apparsi in numerose antologie italiane e straniere.Le sue opere sono tradotte in molti paesi europei. Collabora al supplemento domenicale di “Il Sole 24 ore”.Scaica la rassegna stampa
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