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«La struttura originaria (1958) rimane ancora oggi il terreno dove tutti i miei scritti ricevono il senso che è loro proprio»: così scrive Severino all’inizio del lungo saggio, quasi un libro a sé, che introduce alla «nuova edizione ampliata» di questa sua opera, fino a oggi la meno conosciuta e insieme quella a cui tutti i suoi scritti riconducono, quella in cui in certo modo riconosciamo l’impalcatura segreta del suo pensiero.
Il titolo dell’opera accenna alla «struttura originaria della verità dell’essere», quindi al «luogo, già da sempre aperto, della Necessità e del senso originario della Necessità». E «solo all’interno di questo luogo può apparire la necessità che l’essenza dell’Occidente sia il nichilismo». L’impresa di questo libro è dunque solitaria e grandiosa: esprimere «nel modo più determinato e concreto l’inconscio che sta alle spalle della stessa struttura inconscia dell’Occidente, il sottosuolo che giace ancora più in fondo del sottosuolo costituito dal pensiero fondamentale in cui ormai tutto viene pensato e vissuto dalla civiltà dell’Occidente». Qui, in una articolazione formale minuziosa e lucidissima, appaiono i presupposti logici e ontologici di tutto il pensiero di Severino, qui si trovano già formulate molte risposte alle obiezioni ricorrenti che incontrano le sue tesi estreme. Nella sua costruzione di trattato, dove ogni passo segue il precedente more geometrico, questo libro mobilita tutto il passato della metafisica occidentale per giungere a guardarla da un luogo a essa esterno. E proprio questa paradossalità ci permette di seguire in ogni suo meandro il lungo percorso di un pensiero che qui si azzarda al di là del «tramonto» del «concetto occidentale di ‘pensiero’».
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