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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2014
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Amore... questo è il tema intorno a cui ruotano tutti i racconti di Enrico Taddei. Ma quanto si può davvero capire e condividere di ciò che un altro prova, se non lo si sperimenta di persona? Perché ognuno di noi è diverso dall'altro, ognuno ha un proprio modo di viviere, di sentire le emozioni, di reagire, ognuno ha un proprio altopiano - per dirla con le parole dell'autore - e spesso è difficile far comprendere agli altri come ci si sente. Questa stessa difficoltà nel capire viene provata, almeno in parte, dal lettore, travolto da racconti che, anche per la presenza di refusi e di imprecisioni nella narrazione, risultano spesso un po' confusi e sembrano, in alcuni casi, illogici, senza senso e significato. Indipendenti l'uno dall'altro, tranne che in un'occasione (Lettere alla luna, cui segue una Ripresa nelle pagine finali), i racconti di Taddei parlano dei tanti diversi modi di vivere e sperimentare l'amore. Storie di ragazzi e ragazze che si cercano - molto spesso buttandosi via nel frattempo - e vivono, o solo immaginano di vivere, storie d'amore; e ancora uomini e donne che soffrono in attesa di trovare la persona giusta con cui lasciarsi andare o che si illudono di averla trovata, basando fantasie e speranze su di un semplice scambio di sguardi.
Lo scrittore emergente Enrico Taddei nel libro “Gli amori dell’altopiano” affronta il tema del viaggio interiore, un percorso che spinge ogni uomo a protendere verso l’altipiano, ma solo dopo aver attuato una sorta di ricongiungimento con se stessi. Tante storie diverse vengono narrate da Enrico Taddei ne “Gli amori dell’altopiano” che utilizza la voce dei suoi protagonisti per analizzare sentimenti, pensieri e reazioni a situazioni. C’è chi parla con la Luna come se fosse un’amica e confessa a quella luce lontana le proprie sofferenze d’amore. Chi decide di affrontare quelli che crede siano i propri limiti e si affida a internet. C’è chi tenta di ricostruire la propria autostima dopo un amore finito e si accorge che “se sono rose fioriranno”. Enrico Taddei nel suo libro “Gli amori dell’altopiano” affronta il tema dell’amore da vari punti di vista, analizzando le sensazioni e mostrando come ogni individuo abbia un suo modo di costruire una storia, di immaginarla, sentirla e condividerla. Taddei ci racconta di quanto la vita sia fragile, di quanto la paura spesso sia il limite delle persone, di quanto non sia semplice far valere i propri ideali. “Gli amori dell’altopiano” è un libro che con semplicità guarda l’amore da diverse prospettive e ce le racconta attraverso le brevi storie dei suoi protagonisti. Da Recensionelibro.it
Questi «amori dell’altopiano» di Enrico Taddei somigliano ad un atto di registrazione: non c’è nessuna pretesa di letterarietà, se non quella che comunemente, ogni giorno, il nostro linguaggio intende attirare sopra di sé per sedimentazione, per letture, per accettazione dell’usato – e, in questo senso, come indice di spontaneità. Del resto questa ipotesi corrisponde, in primo luogo, all’immediatezza rilevabile nelle lettere «alla luna» che costituiscono il primo dei nove “racconti” (e sulla forma e sul registro del racconto bisognerebbe discutere: tanto sono spinti dall’apologo alla confidenza, dalla confessione ad un sottile teatro dell’assurdo per excerpta): racconti comunque, chiamiamoli pure così, che hanno una loro morale nello “stato di necessità” fortemente percepibile durante la lettura. Forse per Enrico Taddei era necessario scrivere questo libro, compiere una sorta di bilancio, se proprio tra le righe de Il timido si legge: «Oggi non prova né dolore, né paura, né rabbia, né ignora i suoi problemi; semplicemente si trova qui da solo davanti a un grande problema e se non lo può eliminare con la forza, lo sconfiggerà affrontandolo attimo per attimo» (pp. 32-33). Attimo per attimo, quindi, avviene la registrazione della scrittura sopradetta, comprensiva di alcune ipotesi di camuffamento e di distrazione rispetto all’oggetto investigato, ma sostenendo la percezione unitaria di una “comunione” tra l’esasperato monstrum individuale e qualcosa di circolante intorno, come un’ombra rinvenuta soltanto per indizi o, meglio, per incognite. «Girati e di’ qualcosa» (p. 69), in questo meccanismo sembra di fatto risiedere il movimento più accertabile di questo piccolo esempio di narrativa che, se vorrà, avrà tempo di arrivare ad una sua maturazione. Possiamo allora perdonare all’autore – e con ragione – quelle forme di ingenuità che continuamente perdoniamo a noi stessi e ravvisiamo in questo primo collage dei suoi testi, se queste ingenuità fanno parte di un percorso e di una formazione, e rappresentano le prime avvisaglie di una consapevolezza (seppure fortemente enigmatica): «c’è sempre una contro-perdita al dolore» (p. 21). A chi invece intende leggere questo libro raccomandiamo fortemente la capacità di capire quanto davvero l’adolescenza risulti irrimediabile e, nelle parole di un grande poeta, «senza scampo». Come quel poeta, in fondo, vogliamo raccomandare l’ascolto, e la possibilità di corrispondere all’emozione come un incoraggiamento, o uno sprone, verso l’inizio.
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