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Come il lupo è uno di quei libri che ha tutti gli elementi indispensabili per interessare il lettore: una valle, la Valchiusa, isolata, una bimba malata, ma che ha il dono della preveggenza, una donna che ricorda lo stregone del villaggio unico tenutario di una medicina antica, i lupi che popolano i boschi dell’Appennino, un maresciallo della forestale che cerca di vederci chiaro in un mistero che lo tocca direttamente, il periodo storico, gli anni ‘50, in cui l’Italia ancora non si è ripresa dalle ferite della guerra, ma che sembra incamminata verso un’epoca di benessere e di grandi stravolgimenti. Il personaggio principale è Nazario, maresciallo della Forestale, ex partigiano a cui sembra che gli crolli addosso il mondo con quel governo Scelba dalla parte dei padroni, con la moglie uccisa in una manifestazione di piazza e che gli ha lasciato una bimba diversa dalle altre, che ha un male che spaventa, l’epilessia; nei boschi ritrova se stesso, in cerca di lupi e in particolare di una femmina, Veruska, un animale sfuggente che quando sembra di poterle arrivare vicino per fotografarla scompare nel fitto della vegetazione e che gli ricorda tanto una giovane partigiana dell’est silenziosa, ma piena di ardimento nei combattimenti, sparita improvvisamente dopo che lui aveva cercato un contatto meno da compagni di lotta. Veruska donna e Veruska lupa rappresentano l’innato desiderio di libertà, quella libertà per la quale entrambe combattono e sono disposte anche a morire. E forse anche Nazario è a suo modo un lupo, solo che ancora non lo sa, perché gli manca la fiducia in se stesso. La Valchiusa è abitata da diverse famiglie, che vivono producendo un vino di grande qualità, unico al mondo, ottenuto da acini di uva rosata, attraversati da venature color rosso sangue che sembrano capillari sanguigni. Mi fermo, non vado oltre, perché la vicenda narrata merita di essere letta, evidenziando solo che è particolarmente avvincente.
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