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Da dove cominciare? Dalla tecnica, forse. Una scrittura al limite della (s)grammatica, un flusso di coscienza colloquiale, spezzoni di dialoghi riportati fedelmente, appunti di studio (sui giganti), concetti sconclusionati tenuti insieme da nessi logici improbabili. Ogni volta si termina il capitolo e non si può fare a meno di sorridere, qualche volta ridere, e pensare "questo non ha assolutamente senso". Salvo accorgersi di un repentino reflusso di coscienza e subito ci si domanda "ma siamo sicuri che dietro queste farneticazioni e questi studi (apparentemente) inutili non ci sia un significato? ben preciso?" La sensazione che nelle pagine si celi qualcosa di vero. Dopotutto, come dice l'Autore stesso (riferito ad un libro di propaganda, Gli alieni fra noi) "Forse questo libro è un po' estremo; ma qui si viene al mondo e non si sa chi si è, da dove si viene". Da dove veniamo? E chi erano questi colossi, resi noti dai poemi cavallereschi italiani del XIV e XV secolo, ammassi di carne senza cervello, bramosi di giovani creature da tenere a disposizione, per frustarle, di tanto in tanto, o mangiarle, in una perenne situazione di impaccio e confusione sessuale, prima utilizzati come macchine da guerra, poi assoldati dalle fate come vedette dei ponti e delle torri, infine declassati a semplici mezzi di spostamento di merci e materiali (antichi tir), nonché degenerati in poveri pazzi, reclusi, sedati, in case di cura ottocentesche? Che destino potrà mai avere un mondo senza giganti? Possiamo vivere senza i nostri giganti? Forse no, come testimonia l'episodio finale della zia. (non faccio spoiler.. ). Quale futuro, dunque? La risposta forse la suggerisce il gigante filosofo, che "guarda in cielo, speranzoso che nel mondo accada qualcosa oltre che nevicare, venire sereno, vedere la luna di giorno, vedere le nuvole, illudersi, eccetera, vedere il giorno come s'allunga, e come presto rinascerà l'erbetta." E poi c'è lei. "Apparsa una settimana fa .... come un fenomeno d'approssimazione all'equinozio, da cui vengono anche le fate; le quali possono avere diciannove anni, come lei ha, o qualunque altra età, ma per chi le guarda l'età è sempre quella." Da leggere.
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