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Terzo e unico superstite della trilogia comprendente l’Alessandro e il Palamede, questo dramma si snoda intorno al senso di morte e di lutto che incombe su Troia in fiamme. Euripide sceglie di dar voce ai vinti che esemplificano con il loro destino quello di un popolo e di un intero mondo: Ecuba, regina della città, è divenuta schiava dei Greci, e il piccolo Astianatte è gettato dalle rupi perché Troia non possa più risorgere. A far da coro, le strazianti voci delle donne troiane che levano un ultimo canto di dolore sulle rovine di una città morente. Nell’introduzione, Vincenzo Di Benedetto innesta l’analisi di questa tragedia del pianto su un discorso più ampio sul genere tragico e sul suo rapporto con l’epica.
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Un testo che tutti dovrebbero leggere
Dopo aver resistito con successo a un assedio di dieci anni, Troia è caduta grazie allo stratagemma del cavallo di legno dei Greci. Gli uomini troiani sono stati tutti uccisi, mentre le donne e i bambini vengono portati via dai conquistatori che faranno di loro prostitute e schiavi. Ecuba, un tempo regina della città ormai caduta, guarda le rovine fumanti intorno a lei e cerca di confortare Andromaca, moglie del figlio Ettore: le dice che un giorno il giovane figlio di Andromaca ed Ettore, Astianatte, si vendicherà dei crudeli invasori. Ma a questo ha già pensato Ulisse, che ha appena mandato uno dei suoi uomini a dire ad Andromaca la sua decisione: Astianatte non sarà risparmiato come gli altri bambini, ma sarà messo a morte perché potenzialmente pericoloso. Nel 415 a.C. al momento della prima rappresentazione di questa tragedia scritta da Euripide, la fase iniziale della guerra del Peloponneso era finita e presto sarebbe iniziata l'assurda spedizione di Atene in Sicilia, spinta dall'ambizione personale di Alcibiade, decisione per la quale gli Ateniesi si sarebbero presto pentiti. Entrambe le fazioni nella guerra del Peloponneso avevano commesso orrendi massacri, in particolare sui cittadini delle città sconfitte: la tragedia di Euripide vuole raccontare i brutali assassini di cui è capace l’uomo quando si trova dalla parte dei vincitori in una guerra. I personaggi principali del dramma sono le donne: Ecuba, la regina di Troia; Cassandra, la veggente pazza; Andromaca, la vedova di Ettore; ed Elena, la causa della guerra. Tutte condannate a sopportare la volontà degli uomini greci. In un linguaggio poetico maestoso e potente, assistiamo alla sofferenza delle donne, già stremate sotto i colpi di un lungo conflitto e delle perdite che ha causato, che devono sopportare ancora ulteriori danni forse per il resto della loro vita. Tanto può insegnarci in un mondo moderno in cui esuli di guerra e vittime civili chiedono solo giustizia e pace.
Le Troiane non è soltanto una tragedia che ci mette dalla parte dei vinti, dei miseri, che ci fa udire le loro urla disperate; l'originalità della mano delicata di Euripide è evidente anche per il fatto che sono donne le protagoniste, sono loro sotto i riflettori con le vesti lacere e le lacrime agli occhi. In una tragedia greca questo non era per nulla scontato, le donne erano messe all'angolo, isolate mentre in questa tragedia possono finalmente gridare tutto ciò che hanno taciuto per secoli. La loro forza sta nel loro amore che, anche se sembra un' arma debole, si oppone alla violenza della guerra con una potenza pungente e che fa riflettere pensando al dolore e alla violenza che ancora oggi assediano il nostro mondo.
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