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Anno edizione: 2019
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«Adelphi propone il romanzo d’esordio di Fabio Bacà, Benevolenza cosmica, che sembra letteralmente arrivato da un altro pianeta per atterrare sicuro di fianco a compagni come Alan Bennet e Roberto Bolaño.» - Alessandro Beretta, La Lettura
A Kurt O'Reilly non ne va bene una. Ma una, eh? Il medico cui si rivolge per un piccolo fastidio gli spiega, esterrefatto, che in tutti i casi conosciuti quel problema ha un esito nefasto - tranne che nel suo. Sul lettino di un tatuatore, una sensazionale pornostar gli lascia intravedere un paradiso a portata di mano. I soldi investiti distrattamente non fanno che moltiplicarsi. Persino il tassista che lo scorrazza in una Londra appena spostata nel futuro insiste per pagargli lui la corsa. No, decisamente qualcuno trama alle sue spalle, e a Kurt non resta che tentare di capire chi, e perché. Un po' alla volta una macchinazione verrà fuori... .Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"Benevolenza Cosmica" è un libro che si legge con molto piacere perché Fabio Bacà ha uno stile fluido con cui sospinge il lettore pagina dopo pagina. La peculiarità dell'autore è quella di narrare con ironia poco celata e molto diffusa tutto ciò che accade al protagonista e a chi gli sta intorno. Sa dosare l'umorismo con parole solo all'apparenza altisonanti e che ben si fondono in un tono colloquiale e per lo più familiare. In linea con la professione di Kurt, Bacà narra le vicissitudini sottolineando l'assurdità che dilaga nella realtà quotidiana, quindi fuori da qualsiasi previsione statistica, e caratterizza tutti i personaggi allo stesso modo. Così la moglie di Kurt è una bizzarra scrittrice che, per dare spessore ai suoi personaggi, si finge chi non è per entrare in contatto con persone reali. Lo psichiatra Richard Leone offre i suoi consigli professionali a Kurt mentre nuota in una piscina per così dire terapeutica, poi lo spinge in modo subdolo al consulto con una sua collega. Dall'altro lato, per dimostrare quanto la realtà possa essere divertente ma è anche piena di significato, l'autore sottolinea i dispiaceri come quelli della segretaria Wendy, una donna vedova che lavora e accudisce una figlia. Il protagonista stesso è stato colpito in passato da una disgrazia, ossia la morte del fratello che ha segnato la sua e la vita dei suoi genitori. Tutto ciò rivela l'umanità che affiora fra le righe. Altra capacità dell'autore degna di lode è quella di aver architettato una serie di eventi che si incastrano a meraviglia, quel tipo di eventi che nella realtà ci sembrerebbero inimmaginabili ma dopo accadono e ci fanno dire che la realtà supera l'immaginazione. Non dico altro per non svelare troppo, ma posso senz'altro dire che questo è un libro da leggere. Assolutamente. Ti servirà a guardare la vita da un punto di vista più rilassato perché Fabio Bacà narra la realtà con leggerenza ma senza fronzoli e senza ipocrisie.
Ho trovato il libro un idea originale, una trama insolita. Lettura facile ma con parecchi termini che richiedono l'ausilio del dizionario, almeno per me!! L'ho letto in 3 giorni, certo non è un libro che ti tiene con il fiato sospeso ma il personaggio è divertente al limite dell'assurdo. Lo consiglio.
Esce per Adelphi Benevolenza Cosmica, romanzo d'esordio di Fabio Bacà, ed è subito scalpore. Perché? Perché la Adelphi è molto selettiva, se non addirittura avara con gli esordienti nostrani. L'ultimo esordiente italiano che aveva pubblicato prima di Bacà era stato Aldo Busi, con il suo Seminario della Gioventù, nel 1984. Passano quasi quarant'anni e arriva sulle vetrine delle librerie Benevolenza Cosmica, di Fabio Bacà. Tutti a applaudirne l'originalità, perché «sembra un romanzo di De Lillo», «sembra un racconto lungo di David Foster Wallace», «sembra scritto da Bret Easton Ellis»... Insomma, un romanzo che viene definito originale perché ricorda le cose scritte dagli altri. O sono io che non so più che significa originalità, oppure i lettori italiani sono diventati talmente esterofili (e provinciali) da ritenere che un'opera italiana sia tanto più originale quanto più si avvicina alle opere non italiane. Perché, di fatto, molti di questi recensori hanno pure ragione: Benevolenza Cosmica sembra essere scritto a tratti da DeLillo, a tratti da DF Wallace, a tratti da BE Ellis: sembra, appunto, ma non lo è! Non sarebbe dunque meglio andare a leggere direttamente DeLillo, Wallace o Ellis? Non sarebbe meglio cercare la vera originalità della letteratura italiana negli italiani che scrivono da italiani? Evidentemente, per i lettori italiani di oggi la risposta è chiaramente 'no'. Ma in fondo, cos'è l'originalità, se non un ornamento fittizio, un'etichetta? Ormai non si può inventare più niente e, seppure lo stile strizzi l'occhio a questo o a quello, ciò che conta è la storia, no? Purtroppo, anche la storia delude. Benevolenza Cosmica descrive le avventure, compiute tutte nell'arco di una giornata, di tal Kurt O'Reilly («Kurt! Come Kurt Vonnegut! Un chiaro omaggio allo scrittore post-modernista americano! Perché questo romanzo, effettivamente, sembra essere scritto da Kurt Vonnegut - oltre che da DeLillo e compagnia!»; seguono tutti i vari ooooh! e aaaaah! di ammirazione). Kurt è 'perseguitato' da una fortuna incredibile e misteriosa: non che vinca al Superenalotto, ma, in maniera più contorta, ogni situazione, anche la più tragica, si rivela invece portatrice di ricchezze e felicità. Il tutto dovrebbe avere un significato profondo che io non sono proprio riuscito a scorgere. Kurt O'Reilly vive a Londra. Ma dov'è, Londra, nel romanzo di Fabio Bacà? Da nessuna parte. I personaggi di questo romanzo sono tutti fatti con lo stampino: sono eccentrici, parlano in fretta, vanno dritto al sodo, sono bruschi, diretti, nevrastenici. Proprio come certi personaggi di DF Wallace o di De Lillo. Peccato che quelli di DF Wallace e di De Lillo siano personaggi americani, non inglesi né tantomeno londinesi. Londra, patria della politeness più insostenibile, capitale globale dei vari Please! Please! Excuse me! Excuse me! Sorry! Sorry!, sembra, nelle pagine di Bacà, un quartiere di New York. Diamine: nemmeno i tassisti del suo racconto assomigliano ai tassisti londinesi! Come se non bastasse, Bacà, un italiano che scrive in italiano una storia ambientata in una Londra che non sembra Londra, cade nei tranelli più banali della lingua. C'è una scena in cui Kurt chiede a sua moglie da quando avesse cominciato a "dare del tu" al loro terapista di coppia. Peccato che una cosa del genere non possa neppure essere pensata o concepita da un inglese, visto che, nella sua lingua, non esiste nessuna distinzione fra il "dare del tu" e il "dare del lei": in inglese, sono tutti you. In un'altra scena, il nostro Kurt incontra una studentessa che, arrivata a un certo punto, gli mostra un... libretto universitario? Peccato che in Inghilterra non si usino i 'libretti universitari': i voti degli esami (tutti scritti) vengono inviati via mail o via posta, non è che ci si presenti all'esame col libretto da far firmare al professore! Sempre a questa studentessa cum librettum universitari, il nostro Kurt chiede chi le ha assegnato la tesi. Ma in Inghilterra non si assegnano le tesi; anzi, manco si scrivono! La tesi è una cosa che si fa solo durante il dottorato di ricerca; e non viene 'assegnata', ma è il candidato stesso a sviluppare il proprio progetto. Conclude questa sfilza di incongruenze imbarazzanti il personaggio di una cinese che parla malissimo in inglese, non sa coniugare i verbi, si mangia gli articoli. Un momento da sagra del luogo comune, insomma. Vista la maniera grossolana e poco credibile con la quale è stata descritta la londrosità dei personaggi, mi domando se, effettivamente, c'era davvero bisogno di ambientarla a Londra, questa storia. In certi romanzi di Paul Auster o di DeLillo, la città di New York è, a tutti gli effetti, uno dei personaggi principali. La Parigi di Henry Miller e la Berlino di Isherwood sono assolutamente indimenticabili. E che dire di Londra, quella vera e perversa, di Martin Amis? Nel caso di Benevolenza Cosmica, però, che cosa mi da Londra che non avrebbe potuto darmi Milano, Roma o Torino? Solo una cosa: il piacere hipster di leggere un romanzo italiano ambientato a Londra. Che figata, giusto? Insomma: a me sembra solo di sentire la voce di Stanis La Rochelle, della serie TV Boris, quando si lamenta del fatto che il cinema italiano sia troppo italiano. In definitiva, il successo del romanzo di Bacà, al quale comunque auguro di scrivere sempre di più e sempre meglio, e, soprattutto, di trovare il modo di farmi ricredere, più che del reale talento dell'esordiente la dice lunga sulla mentalità dei lettori italiani, in grado di esultare di fronte a un romanzo ambientato a Londra e con un personaggio chiamato Kurt, pronti a ignorare allegramente grandissimi scrittori italiani per poi subito applaudire un romanzo che "sembra scritto da questo e da quello", e tutto ciò senza capire che nessuno si accorgerà di Benevolenza Cosmica al di fuori dell'Italia. Intanto, però, i libri italianissimi, se non napoletanissimi, della Ferrante sono diventati un caso editoriale planetario... Riflettete, oh genti! Riflettete!
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