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Anno edizione: 2018
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dall'agenzia "9 Colonne" È da poco uscito, per le "Saggine" di Donzelli, il libro di Fabrizio Di Marzio, consigliere della corte di Cassazione e condirettore, con il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, della rivista "Giustizia Civile". Si tratta di "La politica e il contratto. Dalla affermazione dei valori alla negoziazione degli interessi" (Donzelli, 2018, 154 pagine, 17 euro). Sostanzialmente un pamphlet, senza vis polemica, tendente a valorizzare nel metodo e merito il recente "Contratto di Governo" sottoscritto da Lega e M5S, partiti diversi e distanti per cultura, pratica politica, programmi elettorali, radicamento e rappresentazione geografica nazionale. Di Marzio, infatti, nel libro è cosciente che l'accordo tra Salvini e Di Maio ha avuto un impatto dirompente, con esiti non del tutto ponderabili e per molti versi rischiosi. Per questo motivo, concentra l'attenzione sull'essenza, in termini di diritto, del "contratto" in generale, legittimando nel metodo, nella sostanza e nell'intento politico il "Contratto di governo", come fosse un patto sociale. Per l'autore il contratto di governo "si ispira esplicitamente al modello contrattuale mutuato dal diritto privato". Ecco, quindi, che parti diverse e anche in conflitto, sentono la necessità di tutelare le reciproche azioni e interessi sulla base di uno strumento mutuato dal diritto (privato) e non più dalla politica e dalla mediazione, dal compromesso e dalla sintesi. Si vuol prendere, sul piano lessicale e mediatico, le distanze dalla politica come la si intende comunemente, mantenere una presunta e sbandierata "diversità" e ci si vuol mettere al riparo dall'accusa di aver fatto "alleanze" o compromessi esclusi in campagna elettorale. Così, nel contratto di governo, "l'intesa viene stabilita non con i governati, bensì tra i governanti. L'accordo delle parti politiche si sposta così dal piano istituzionale a quello della negoziazione privata di interessi, sulla base di istanze di democrazia diretta che trovano la loro massima espressione nel progetto di revisione del principio costituzionale della libertà di mandato elettorale". In questo contesto, per i contraenti "il calcolo degli interessi, a volte spietato", conduce alla razionale ragionevolezza, "al compromesso piuttosto che allo scontro di valori non negoziabili". Quindi non sarebbe più la "vecchia" politica a condurre al compromesso, ma il diritto, i codici e la stessa legge vigente per cui, quello che per i più è solo un fatto lessicale, con Di Marzio diventa sostanza del cambiamento. Ma l'autore si lascia qualche margine di incertezza futura, per cui non sa dire "se la nuova strategia di incanalare il senso di ciò che vale nel solco dell'interesse e nell'arena del contratto sarà vittoriosa", ma sicuramente, per Di Marzio, "sarebbe piaciuto a Hobbes", l'autore di Filosofia politica, sostenitore del concetto antropologico secondo cui, siccome la natura umana è sostanzialmente egoista e competitiva, la società è il campo di battaglia nel quale si svolge una lotta di tutti contro tutti. In questo senso, per l'autore il contratto si incanala in una specifica scuola di filosofia della politica e "rappresenta la forma simbolica del patto su cui si fonda la comunità e che legittima la sovranità dello Stato sui cittadini". La negoziazione contrattualistica mette in soffitta "la rivendicazione di valori che era alla base del discorso politico precedente" insieme ai concetti di Destra e Sinistra che quei valori incarnano. Il limite sta però nel fatto che esso si ferma a determinati e specifici punti programmatici negoziati prima della sottoscrizione dei "contraenti". Dunque non può assicurare e determinare nulla senza una dialettica e mediazione politica sulle questioni che nell'attività quotidiana di governo, nazionale e internazionale, sorgono giorno per giorno. In questo senso, anche per Di Marzio rimane l'interrogativo "se questa privatizzazione dell'azione di governo possa essere considerata una buona o una cattiva novella". dall'agenzia "9 Colonne"
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