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L’immagine che appare sulla copertina di questo volume raffigura Fredi Drugman impegnato con i suoi studenti in un seminario en plein air, in un chiostro del “suo” Museo della scienza e della tecnologia “Leonardo da Vinci”. Un’immagine che Andrea Silvestri, amico e collega al Politecnico di Milano, definisce “splendida, irrituale e naturalissima, simbolica di Fredi, della sua passione e curiosità intellettuali, del suo stesso approccio alla vita: sono tutti in ginocchio o chini su pannelli, in una stagione mite, ma Fredi (antico gentiluomo sabaudo!) è in giacca e cravatta. Una ricerca come da Scuola d’Atene di Raffaello (proprio il dipinto a cui si ispirò il logo del suo Politecnico), una ricerca rispettosa ma gioiosa su cose che affascinano, coinvolgono e accomunano”.
Architetto, docente di Composizione architettonica, quindi di Allestimento e museografia al Politecnico di Milano, una vita di battaglie e passioni nel pci, Fredi Drugman (1927-2000) è stato instancabile promotore del museo quale luogo di cultura e di scienza, di dibattito sociale e politico, di incontro e vita civile. Dai primi progetti di museo diffuso fino agli ultimi studi per il Museo della cultura politecnica, che egli voleva attraversasse l’intero complesso centrale del Politecnico per affiorare nelle raccolte scientifiche dei dipartimenti e nella riattivata “specola astronomica” della palazzina del rettorato, il pensiero progettante di Fredi Drugman ha sedotto e stimolato ininterrottamente colleghi, studenti, autorità, chiunque venisse a contatto con la sua pirotecnica intelligenza. Ma nessuna parola, forse, sa evocarlo meglio di una delle sue battute più felici e fulminanti: “progettisti visionari… altri astenersi”.
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