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Nei primi anni del 1900 in Giappone nasce una nuova generazione di scrittrici mosse da una coscienza protofemminista. È in questo contesto che si inserisce la figura di Enchi Fumiko , nata a Tokyo sviluppa quasi subito un forte interesse verso il teatro e la letteratura. Questo interesse influenza particolarmente la sua scrittura e Maschere di Donna ne è un esempio. I capitoli di questo libro sono infatti i nomi di alcune maschere. Non è solamente il teatro nō ad avere ispirato l’autrice, ma la grande ispirazione di quest’opera è il Genji Monogatari, in particolare nel libro è presente un articolo scritto da Toganoo Mieko chiamato “Nonomiya-ki”, un articolo apologetico nei confronti di Rokujō. Questo articolo ha la funzione di enfatizzare la similitudine tra il personaggio di Mieko e quello di Rokujō il cui ikiryō si impossessa del corpo della dama Aoi (sposa di Genji) causandone la morte. Il tema della possessione in questo libro è molto importante, si crea una sorta di alleanza tra donne contro il sopruso maschile. Sua principale alleata è la nuora Yasuko, che dopo aver perso il marito precocemente, decide di continuare a vivere con la suocera. Lei, così come i suoi pretendenti Ibuki Tsuneo e Mikame Teyoki, sembrano manovrati, spinti dalla forza di volontà di Mieko. Il piano di Mieko verrà rivelato nella parte finale, io personalmente non mi aspettavo qualcosa del genere ma mi ha sorpresa così tanto che ancora oggi guardo quel libro con occhi sorpresi e pieni di ammirazione. Le cose che più ho apprezzato di questo romanzo sono sicuramente la scrittura dell’autrice, non ho fatto fatica ad abituarmi alla prosa di Enchi Fumiko, mi ha catturata completamente dalle prime pagine. In secondo luogo, ho apprezzato molto i continui riferimenti al Genji Monogatari, non ho ancora letto quest’opera, ma averla studiata mi ha aiutata molto a capire molti riferimenti.
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