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Sarebbe difficile trovare, in tutto il nostro secolo, un rapporto intellettuale così alto, complesso e a volte drammatico come quello fra Scholem e Benjamin. Grande studioso della cabbala e della mistica ebraica, l’uno; cabbalista in incognito, profondo innovatore del pensiero, l’altro. Entrambi fortemente segnati dalla formazione nella Berlino del primo Novecento. Fin dall’inizio attratti dalle ricerche l’uno dell’altro. Infine divisi dalla sorte e dalle scelte: Scholem si stabilì in Palestina e a lungo incoraggiò Benjamin a seguirlo. Benjamin esule a Parigi, fino al tragico suicidio nel 1940, mentre tentava di passare la frontiera spagnola.
Il loro rapporto ebbe sempre un carattere estremamente intenso, come testimonia il loro celebre carteggio. In questo libro insostituibile, che apparve nel 1975, Scholem è riuscito a raccontarlo come «storia di un’amicizia», una storia che ci permette di accedere agli aspetti più segreti di Benjamin, che ci fa assistere al delinearsi delle sue idee e delle sue opere, a volte rimaste allo stato di abbozzo, nelle parole di un testimone lucido, partecipe, ma al tempo stesso radicalmente diverso e capace anche di opporsi duramente all’amico.
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