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Il filo che unisce questi studi è rappresentato dalla costante volontà di ricercare approdi non consueti, percorsi poco frequentati dalla grande stagione umanistica e rinascimentale, le “frontiere” appunto. Terreni in parte estremi e proprio per ciò tali da consentire una sperimentazione adeguata ai nostri parametri conoscitivi, dei nostri consolidati “luoghi comuni” ma anche di nuove ipotesi di lavoro, di nuove riflessioni: è sulla “frontiera” infatti che noto e ignoto si intrecciano in complesse e talora inquiete prospettive. E al tempo stesso la frontiera si disvela mobile, inafferrabile: le articolazioni dell’Umanesimo si dilatano e si complicano oltre le nostre tranquille certezze. Dagli umanisti bolognesi a Dante e Benvenuto all’Anonimo Romano a storici, ideologi, pedagoghi del Cinquecento è possibile in definitiva dipanare un tracciato ermeneutico capace di saggiare nuovi confini di quei tempi; che sono spesso, poi, quegli stessi confini su cui noi oggi siamo ancora chiamati a misurarci.
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