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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2015
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La crisi sembra senza fine, non c’è giorno che una fabbrica non chiuda mettendo sul lastrico centinaia di lavoratori, e alle difficoltà economiche si aggiungono anche quelle atmosferiche, con piogge di tipo monsonico, cioè vere e proprie cascate d’acqua che dilagano ovunque portando morte e distruzione. Come la prima, come quell’economia che pare il cane che si mangia la coda, anche il tempo non è una fatalità, ma è il frutto della sistematica azione dell’uomo che sta depredando il pianeta. Cosa c’è dietro questo scenario apocalittico, chi sono i principali colpevoli di tali sfortune? Questo libro di Gianluca Ferrara fornisce le risposte e, guardate bene, non si tratta di ipotesi campate in aria, ma è il risultato di un approfondito studio di carattere economico e sociologico basato esclusivamente su dati ufficiali. Tuttavia, temo che non possa essere creduto, visto che è un guscio di verità in un mare in tempesta di menzogne, propinateci da anni in modo subdolo e ossessivo, grazie soprattutto alla televisione, che ha la straordinaria capacità, con l’immagine, di far credere reale ciò che non é. Siamo stati indotti a consumare sempre di più, perché se è giusto consumare, altra cosa è essere condizionati a credere che l’acquisto di un bene ci possa portare alla tanto agognata felicità, che nel caso specifico si elide nel brevissimo periodo in cui pagato l’oggetto ci si trova per le mani non il rimedio del nostro quotidiano malanno, ma un nuovo ossessivo bisogno perché incalzati da una nuova chimera. Si è arrivati al punto che non si produce più in base ai bisogni, ma che si creano di continuo nuovi bisogni onde proporre subito di che soddisfarli. In questo girone perverso, ideato e alimentato da pochi individui che da soli si spartiscono la quasi totale ricchezza del mondo, finiamo con l’essere loro inconsapevoli complici, alla ricerca continua di nuovi guadagni da bruciare nel nulla, come dei drogati, privi di qualsiasi volontà. E allora crediamo a tutto, alla panzanata che il nostro colossale debito pubblico è stato causato dal nostro modo di vivere ben superiore alle nostre possibilità, il che non è vero, perché noi ci siamo quasi distrutti per poter comprare ciò che è così indispensabile, che hanno tutti e che pertanto non averlo finirebbe con l’emarginarci. Abbiamo anche creduto che con la globalizzazione, con i nuovi investimenti ci sarebbe stato più lavoro, e invece questo è diminuito; ci siamo illusi con la moneta unica di essere come i tedeschi (loro invece non si sono illusi, sono rimasti i tedeschi di prima, ma con ben più soldi in tasca). Per fortuna però che ancora c’è la democrazia, ma quale democrazia? Quella che quando vai a votare a chiunque tu dia il tuo consenso puoi star sicuro che non cambierà niente, che la situazione sarà già tanto se non peggiora? Ed è forse democrazia quella che acquista a spizzichi gli F35 e non ha i soldi per i disabili, o quella che grazie a un Presidente della Repubblica che lo sta diventando a vita ha messo dapprima a capo del governo un non eletto, come poi ha fatto anche per l’attuale? Se la democrazia è questa quasi quasi preferisco la dittatura perché là, volente o nolente, il capo diventa l’unico responsabile di ogni azione, senza quei giochini e quei balletti che ci tocca vedere ogni giorno. Così, senza accorgerci siamo stati derubati della sovranità, perché chi sta al governo è lì su mandato di noi tutti e a noi deve rispondere del suo operato, e a nessun altro. In questo schema societario mondiale se al vertice ci sono i cosiddetti poteri oscuri - ma poi così oscuri non sono, perché mi chiedo come mai ogni anno questi signori dell’elitario Club Bildenberg si riuniscono a porte chiuse e nulla trapela – i politici sono un gradino più sotto, sono i vassalli, poi giù giù in fondo ci siamo noi, i sudditi, i servi della gleba. L’analisi di Ferrara è spietata, incide nelle nostre errate convinzioni come il bisturi tagliente di un chirurgo, e devo dire che non fa piacere scoprire che quello che forse per atavico istinto temevamo non è un’ipotesi, ma un fatto concreto. Subito ci si pone una domanda: c’è rimedio? Se c’è voluta la rivoluzione industriale in poco più di due secoli per ridurci così, se abbiamo lasciato che impunemente prendesse il sopravvento il neoliberismo economico, che vede lo stato come un nemico, salvo poi ricorrere ad esso nel caso che certe speculazioni vadano male (ma chi paga siamo sempre noi), la soluzione c’è, anche se non percorribile in tempi brevi. Se è vero che occorrerà riconquistare le sovranità nazionali, monetarie e alimentari, quello che è più necessario è recuperare la sovranità dell’uomo, cioè noi dobbiamo diventare artefici del nostro destino, noi dobbiamo credere in noi e non in ciò che ci viene propinato, dobbiamo vedere con i nostri occhi, dobbiamo arrivare a capire che la ricchezza esiste perché c’è la povertà degli altri, che le disuguaglianze sono solo foriere di sventure, che la vita, questo breve percorso dall’alba al tramonto è da fare insieme, senza ostacolarci, e che essa può essere infinitamente bella e serena anche se non si riesce a comprare l’ultimo modello di iPad oppure una Ferrari. Già il prendere coscienza del nostro stato è un buon inizio e grazie a questo bellissimo saggio di Gianluca Ferrara è ora maggiormente possibile.
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