Torna il più cattivo insegnante della scuola italiana con un nuovo irresistibile diario di un anno in cattedra
«Sentendo i ragazzi parlare del Grande Fratello, non posso fare a meno di domandare se qualcuno conosca George Orwell e il suo romanzo 1984. NESSUNO. Mi diverto allora a chiedere perché pensino che la trasmissione si intitoli così. Alcune risposte: "Perché sono una grande famiglia." "Perché si vogliono bene come fratelli." "Perché" con inequivocabile mimica esplicativa "ce l'hanno grande, il fratello." Racconto allora a grandi linee la storia di 1984 e chi fosse in realtà il Grande Fratello. Una ragazza mi interrompe: "Certo che ne ha di fantasia, lei! Perché non scrive un libro?"»
Uscito nel settembre 2009, "Perle ai porci" fu scritto da un docente della scuola pubblica italiana nascosto sotto lo pseudonimo di Gianmarco Perboni. Raccontava in modo politicamente scorretto ma realistico le proprie esperienze di insegnante, tutte da ridere (per non piangere). Non risparmiava nessuno: studenti, colleghi, dirigenti, ministri. E naturalmente genitori. Da allora Perboni ha continuato la sua carriera in cattedra, mantenendo segreta la propria vera identità, e adesso offre un nuovo spaccato di vita scolastica. Molte cose sono rimaste le stesse, a partire dalla crassa ignoranza (più grave dire "l'asina goga" o il "muro di Dublino"?) e dalla scoraggiante stolidità ("Debussy visse fino alla sua morte") di molti studenti. Ma tante altre sono cambiate. In peggio. Le nuove tecnologie si sono rivelate inutili o addirittura perniciose come i gruppi whatsapp di genitori che pesano gli zaini dei ragazzi per poi organizzare una sedizione. E vogliamo parlare dei rischi che corre un povero prof che abbia l'ingenuità di mettersi su Facebook? Poi ci sono i danni provocati da chi - ministro o privato cittadino -, pur non avendo mai passato un'ora a insegnare, suggerisce, rigorosamente in inglese, trovate come la 'flipped classroom', ovvero la classe capovolta. Giorno dopo giorno, questo nuovo diario di Perboni fa entrare nelle aule italiane e ridere, pur con amarezza, perché le vivide e realistiche scenette raccontate dall'autore svelano in quali condizioni di colpevole trascuratezza versi il sistema educativo del nostro Paese.
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