Le prime frasi del romanzo:
I
Prima di tutto
Lo scambio termico fra l'imboccatura metallica della pistola e la tempia sudata di Lanza aveva ormai raggiunto, per il noto principio termodinamico, un punto di equilibrio tale da permettere al malcapitato di evitare pensieri oziosi sull'argomento, offrendogli così l'opportunità di concentrarsi con più rigore sull'imminente stato entropico che avrebbe raggiunto da lì a poco.
In effetti il suo pensiero si era perduto su questioni risibili quali l'alta conducibilità termica del metallo, la composizione chimica delle polveri da sparo, il traffico illegale di armi nel bacino mediterraneo, proprio mentre l'assassino gli passava la canna della pistola sul volto per poi piazzargliela senza indugi sulla tempia che pulsava all'impazzata. Ma ora non aveva senso pensare a queste cose, non c'era proporzione, non era il caso di perdersi in simili quisquilie, non c'era più tempo. La canna aveva raggiunto la temperatura corporea dell'ispettore capo del commissariato di Polizia di Quarto Oggiaro abbastanza in fretta, nonostante avesse sparato poco prima.
Ora toccava a lui.
È evidente che in condizioni diverse sarebbe fuggito a gambe levate. Ma un'altra nota legge, quella dell'impenetrabilità dei corpi, non gli permetteva, come avrebbe voluto, di attraversare i lacci che lo legavano alla sedia come un salame di stagione e di fuggire all'improvviso, lasciando lì pure i vestiti e le scarpe, proprio come nei cartoni animati.
Stava morendo. E gli dava un particolare fastidio. Per la precisione si cagava sotto, ma non sono cose da dirsi di un uomo ormai prossimo alla fine.
Cercò di ripristinare il dialogo interrotto con il suo interlocutore, così, tanto per provarci ancora una volta, ma sapeva che non c'erano speranze. Quello che c'era da dire era stato detto, le carte erano state tutte giocate, era ora di saldare i debiti e lasciare il tavolo da gioco.
Il killer alzò il cane della pistola senza enfasi, non tanto per prolungargli l'agonia ma come un'abitudine che si prende da bambini e che ti porti dietro fino in tarda età.
Lanza cercò di pensare a qualcosa di bello, quasi a voler morire con un pensiero positivo nella testa, in una sorta di estrema resistenza passiva dell'intelligenza nei confronti dell'assurdità dell'accadimento in atto. Gli frullarono per la testa, come in un vortice, il volto di sua moglie, gli origami, la tavola sinottica degli elementi, la cassata siciliana, i numeri primi, il gol di Maradona contro l'Inghilterra al mondiale, i fotoni, il Giudizio Universale nella controfacciata della cattedrale di Torcello, il canto delle megattere, poi ancora sua moglie. Ansimava rumorosamente, era completamente immerso nel suo sudore, il cuore pompava ad un ritmo forsennato, stava per vomitare da un momento all'altro. Non era un bello spettacolo a vedersi.
Poi l'uomo in piedi impresse la forza necessaria al grilletto affinchè il cane ruotasse sulla cerniera per innescare il sistema a percussione tipico delle armi da fuoco.
Un rigo di sangue sporcò le labbra di Lanza mentre la sua testa si accasciava sul petto.
L'artificiere fece un passo indietro bestemmiando parole incomprensibili. Poi si girò verso il suo compare, stupefatto.
«Cazzo. Questo si è pisciato sotto. Che schifo! »
L'altro rise, come se gli avessero appena raccontato una barzelletta. C'era sangue dappertutto, e l'uomo con la pistola sembrava furibondo all'idea di pestare con le sue scarpe il lago patetico che si era formato sotto la sedia di Lanza. Neppure toccasse a lui fare le pulizie di primavera.
Gli assassini sono persone imprevedibili.