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Libro che oscilla tra la bontà di alcune posizioni e la demenzialità di altre. Innanzitutto si può affermare che la parte dedicata a Balla è abbastanza buona,priva di incongruenze,ma molto didascalica:in pratica tale analisi aggiunge poco o nulla allo studio critico della figura e dell'opera dell'artista. Come si diceva,posizioni condivisibili si altrnano ad altre inaccettabili. Più che condivisibile il giudizio sulla fine del Futurismo,che porta l'autore a considerare giustamente il secondo futurismo come una mera parentesi provinciale nel contesto del panorama europeo del periodo;altrettanto condivisibile,seppur più problematica e meritevole di approfondimenti,l'ipotesi di un ruolo nullo avuto da Balla nella nascita e nello sviluppo dell'Astrattismo. Venendo alle tesi assurde proposte dall'autore:l'indagine filologica,in teoria ovviamente indispensabile,se realizzata con eccessivo fanatismo e senza senso critico,può condurre a sostenere delle autentiche sciocchezze:questo libro ne è una piena dimostrazione. Come si possono considerare futuriste opere come il "Nudo che scende le scale" di Duchamp?Con quali basi possono dirsi futuristi artisti come Chagall o Delaunay?Se le fonti dell'epoca sostengono tutto ciò,vuol dire che tali fonti sono in errore:errore dovuto alla mancanza di quella lontananza storica che permette alla critica di poter leggere chiaramente e oggettivamente(quasi sempre è così)i fatti del passato. De Marchis sembra non tener conto dei cento anni passati e dei tanti e validi studi sul Futurismo che nel frattempo sono stati condotti.
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