“L’arte di conversare è per lo meno la metà dell’arte di vivere.” Per questo la conversazione ha un ruolo centrale nei galatei di tutti i tempi e nelle odierne teorie pragmatiche sulla cortesia. Il libro ripercorre un lungo arco cronologico, dal Galateo di Giovanni Della Casa (1558) sino ai tanti galatei che si continuano a scrivere ancora oggi. Si ricostruisce così l’insieme di consigli, raccomandazioni e divieti che regolamenta la conversazione cortese: l’avvicendamento dei turni di parola, le interruzioni e i silenzi; la comunicazione non verbale, cioè tono di voce, sguardi, espressioni del volto, gesti, distanze; l’ascolto; la scelta del lessico e degli argomenti. Emergono inaspettate, e per certi aspetti sorprendenti, persistenze, al di là delle ovvie differenze tra galatei di epoche diverse. Si delinea così un modello di conversazione ancora oggi attuale: non interrompere, non parlare troppo ma neanche restare troppo a lungo in silenzio; non gridare ma nemmeno bisbigliare; saper ascoltare; non gesticolare come una marionetta ma neppure restare fermi e impassibili come un automa; non avvicinarsi troppo all’interlocutore; evitare parole ed argomenti tabù; scegliere temi che favoriscono la partecipazione e l’accordo, e non quelli che generano conflittualità, come politica o religione, o che suscitano repulsione o semplicemente noia, fastidio e disagio; non parlare sempre di sé ma lasciare spazio agli altri, ecc. Molti di questi “precetti” trovano una qualche corrispondenza nei modelli teorici sulla cortesia, dai quali ci si aspetterebbe una prospettiva puramente descrittiva. Eppure nelle questioni etiche e sociali – cui pertiene la cortesia – la linea di demarcazione tra norme descrittive e prescrittive è difficile, se non impossibile, da tracciare.
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