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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2012
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C’è bisogno di respirare storie così, che riportino all'essenzialità, all'innocenza dei più piccoli. Davide, il protagonista, parla, ragiona, immobile nel letto e dal coma che ha scosso il suo piccolo mondo fatto di famiglia, scuola e gioco. Una storia inventata o frutto dell’esperienza dell’autrice? Poco importa: tutti potremmo, per un inspiegabile destino, trovarci nella condizione di Davide e della sua famiglia, al capezzale di qualcuno o qualcuno potrebbe esser al nostro. Il romanzo, con copertina azzurra che fa molto “pediatria”, insegna il coraggio di farsi raggiungere e cambiare. Uno stimato chirurgo, burbero e asociale, riuscitissimo nel lavoro, meno nella vita, si lascia coinvolgere, toccare e cambiare. Il bimbo in coma, intanto, avverte, sente parole e suoni, rumori e odori. Avverte presenza e vicinanza, incoraggiamento e amore. Ha cambiato vita, l'ha cambiata a chi gli sta attorno, con un processo lento, quotidiano, fatto di piccoli gesti e attenzioni, in un percorso d’umanizzazione. Tutti sono coinvolti, uscendone migliorati. Molti genitori e nonni si ritroveranno. C'é forse responsabilità più grande di quella di mettere al mondo dei figli? Desiderarli, immaginarli, concepirli, accoglierli, sfamarli ed educarli. Una nuova vita dipende dai genitori per molto tempo. Dare nuova vita perché vita sia e non morte, dolore, sopraffazione, egoismo, invidia, gelosia. Un figlio è per sempre. Quale destino ha fatto incontrare, nella tragicità dei fatti, Davide e il prof. Pligi (come lui lo chiama?). Lui opera, ci mette le mani, fa miracoli. Alle spalle ha la morte prematura della madre, un matrimonio fallito, una figlia mai conosciuta, una vita di solitudine. Le mani raccontano chi siamo, da dove veniamo, come le curiamo e usiamo. Compiono gesti, a volte inconsapevoli. Le mani hanno una temperatura, capaci di grandi cose: salutare, stringere, accogliere, fermare, accarezzare, sorreggere, trasportare. Anche d’uccidere, vendicare, distruggere. Qui, di guarire.
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