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Amori proibiti. I concubini tra Chiesa e Inquisizione
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Amori proibiti. I concubini tra Chiesa e Inquisizione - Giovanni Romeo - copertina
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Amori proibiti. I concubini tra Chiesa e Inquisizione

Descrizione


In Italia tra Cinquecento e Seicento convivere senza essere sposati diventò un delitto, represso con asprezza dalle Curie vescovili, non dalle autorità statali. Scomuniche, irruzioni domiciliari, carcere, multe colpirono migliaia di coppie di fatto e raggiunsero presto chiunque vivesse relazioni proibite: anche gli amanti subirono in misura crescente conseguenze così pesanti. Ancor più rischioso fu difendere il diritto di vivere la sessualità in modo difforme dall'etica ufficiale. In quei casi interveniva l'Inquisizione e apriva processi d'eresia. Per la Chiesa il bilancio non fu lusinghiero: poche regolarizzazioni, contromisure dei conviventi spesso efficaci, vescovi appiattiti su logiche repressive. Per le coppie di fatto si moltiplicarono le sofferenze: famiglie distrutte, donne criminalizzate, bambini privati dei genitori. Ma molti difesero con forza le proprie scelte, anche perché il clero stesso aderì con freddezza all'accresciuto rigore dei vertici diocesani, e non mancarono reazioni dure, talora dissacranti. Le pagine di Giovanni Romeo, tessute di una ricchissima documentazione inedita, raccontano quell'aspra battaglia, con particolare attenzione alla più grande città italiana di antico regime, Napoli, e invitano a riflettere - contro ogni facile revisionismo sul peso dell'intolleranza religiosa nella storia d'Italia.
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Dettagli

2008
5 giugno 2008
XIV-256 p., Brossura
9788842086598

Valutazioni e recensioni

PAOLO IZZO
Recensioni: 4/5

Una donna e un uomo addormentati, nudi, abbracciati vengono svegliati da strani rumori, come se la loro casa fosse invasa di gente. Si stropicciano gli occhi, poi riguardano in direzione di quello che entrambi avevano pensato fosse un incubo e che invece è realtà: nella loro camera da letto sono entrati fisicamente il notaio del Sant’Uffizio, un giudice, un vicino di casa e un numero imprecisato di scoppettelle, cioè le guardie della Curia arcivescovile. Siamo nel 1596 e i due ‘nnammecate, così venivano chiamati i conviventi non sposati, sono stati denunciati all’autorità ecclesiastica proprio da quel vicino che ora si trova a pochi passi dalla loro alcova. E l’autorità è arrivata in pompa magna, per punire il loro peccato! Si apre con questa scena da film, l’ampio e approfondito saggio di Giovanni Romeo, Amori proibiti. I concubini tra Chiesa e Inquisizione (Laterza). Come spiega nella premessa il professor Romeo, ordinario di Storia moderna alla Università “Federico II” di Napoli, situazioni come quella descritta sono la rappresentazione della “lotta ingaggiata dai vescovi contro i concubini e le battaglie degli inquisitori contro chi difendeva il diritto di vivere amori proibiti. Peccatori pubblici gli uni, ‘eretici’ gli altri, finirono entrambi negli ingranaggi di due differenti meccanismi repressivi della Chiesa. I primi furono puniti con scomuniche, cartelli infamanti, multe, carcere o esilio, sia pure con un trattamento più riguardoso quando erano ecclesiastici; i secondi con processi, accompagnati nei casi più gravi da torture”. In poche parole, si può far risalire agli anni che seguirono il Concilio di Trento l’inizio di quello che la Chiesa cattolica considerò come un riordinamento della sessualità, ma che di fatto rappresenta l’egemonia clericale in materia di rapporti tra esseri umani che a tutt’oggi i vertici del Vaticano e i loro epigoni nel nostro Stato stanno cercando in qualche modo di imporre. Due facce della stessa medaglia del voler gestire la vita umana: da un lato mettendo le braghe ai nudi michelangioleschi e dall’altro bruciando Giordano Bruno sul rogo; un giorno dividendo una coppia per sempre e un altro giorno torturando una donna finché non ammetta di essere “strega” – e Romeo si sofferma più volte su come le donne fossero già a quei tempi il bersaglio privilegiato di inquisitori e vescovi. Ma da questo interessante libro, ricchissimo di cronache al riguardo, ci sono anche altri due aspetti non meno importanti che vengono fuori e che avvicinano quei secoli bui all’odierno cielo italiano, che parimenti si va rabbuiando. Innanzitutto un certo occhio di riguardo per crimini e “peccati” commessi da ecclesiastici veniva usato allora come oggi, omettendo di perseguitare il reo. Ci ricorda qualcosa dei reati finanziari e di pedofilia perpetrati in giro per le parrocchie del mondo? Secondo poi, una certa somiglianza tra lo “stato delle anime” del sedicesimo-diciassettesimo secolo e quello attuale, di scarsissima frequentazione delle chiese o dei dettami religiosi da parte dei fedeli. Più è il terreno che manca sotto ai piedi di quello che è un potere politico a tutti gli effetti, maggiore sarà la sua reazione in termini di chiusura e di intolleranza… L’indagine di Romeo si fissa soprattutto su “Napoli, la più grande città italiana del tempo, e il suo popoloso circondario”, proprio dove la fede era un concetto di più ampio respiro, a metà tra magia e superstizione, dove la gente del popolo poneva maggiore fiducia nel confessore locale, un po’ confidente e un po’ psicologo, ma comunque meno intransigente del curato inviato dai vescovi. Viene da vedere la Napoli cinquecentesca come una sorta di odierno Brasile, dove la religione è adattamento di una pur profonda spiritualità alla concretezza del vivere quotidiano. E a tal proposito e per una boccata di ossigeno si consiglia di arrivare sino alla fine di Amori proibiti, per non perdersi la lettura dell’appendice dedicata alle resistenze da parte di alcune donne napoletane, investite da accuse infamanti e perciò scomunicate, che reagiscono con fierezza e le cui deposizioni in tribunale, con gli accusatori che le interpellano in latino e loro che rispondono con il dialetto dell’epoca sono un vero spasso. L’unico, in verità, di questo volume altrimenti molto serio che ci dà continuamente la sensazione che parli molto anche del presente! Perché se oggi l’irruzione fisica di vescovi e inquisitori nelle camere da letto degli italiani, nonché nelle loro stanze d’ospedale (come la vicenda di Eluana Englaro ci insegna), è forse impedita dallo straccio di democrazia che ancora resiste in Italia, tuttavia sappiamo benissimo quanto i diritti civili delle coppie eterosessuali e omosessuali siano ancora indefiniti e indefinibili o - per allargare il discorso - quanto il diritto di ciascun cittadino di disporre del proprio corpo, di vivere la propria sessualità e di realizzare un sereno rapporto con gli altri debba dipendere non dall’etica e dall’identità di ciascuno, bensì dalla violenta irruzione nel nostro privato e nella nostra politica delle gerarchie ecclesiastiche. Ovvero di coloro che ci preferirebbero pre-nati o già-morti, piuttosto che vivi, umanamente vitali e liberi… in tre parole: esseri umani pensanti. Paolo Izzo (da Nuova Agenzia Radicale, 21.02.09)

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