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Anno edizione: 2015
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Ci sono libri inutili, che non lasciano tracce né ricordi e libri come questo che ti mettono in contatto visivo e mentale con chi l'ha scritto e composto. In questo lavoro si ricompone l'antinomia fra immagini e testo che compare nei libri illustrati: colpisce come negli scritti compaia la stessa quantità di particolari che si possono fissare in una foto; si coglie come i ricordi visivi dell'autore si accompagnino esattamente a quelli del linguaggio, con la medesima alta definizione. Foto che sono racconti e racconti che sono trame filmiche. Non è mai , un'istantanea di Giulio Obici, prodotto di un pensiero casuale o di un avvenimento fortuito: non basta premere il pulsante dell'otturatore, occorre scegliere il diaframma ed accordare il tempo di posa , far collimare il telemetro, appoggiare l'occhio al mirino dopo aver valutato la distanza ed il rigore dell'inquadratura ed aspettare l'attimo perfetto per scattare. Lo stesso rigore nella scelta del soggetto, dei materiali, di quale negativo stampare e di che contrasto debba avere la carta sulla quale far cadere la luce dell'ingranditore si ritrova nella capacità di limare le parole ( “come fossero dei manufatti” , diceva Leo Ferrè); si ha chiara la percezione di come nel linguaggio e nelle immagini conviva la stessa qualità di incisione e di accuratezza. Par di capire che fosse per lui più faticoso il lavoro fotografico, proprio perchè più esigente con se stesso , mentre con le parole sapeva di non sbagliare.
mi permetto una riflessione sul libro di Giulio. Ritengo che stiamo smarrendo l'importanza della memoria sia come asse portante dello sviluppo culturale, sia come elemento di unione e di appartenenza a una comunità. Leggendo il libro e confrontandolo con i miei ricordi di Giulio mi si è accesa una lampadina: l'esercizio della memoria richiede una grande consapevolezza di sé e degli altri. Chi oggi possiede la capacità di narrare? Chi utilizza il linguaggio, nelle sue diverse articolazioni, per creare un ponte tra sé e il mondo? Oggi il linguaggio è merce, cioè strumento di potere e, in tutto questo la memoria, è stata espulsa. Questo libro ha una grande funzione educativa, direi quasi di rottura con la prassi in corso, poiché il "disinteresse" con le quali vengono narrate le esperienze di Giulio è solo apparente. L'interesse è invece grande, perché l'altro è sempre presente nel racconto, in quanto destinatario di un messaggio. E il messaggio si carica di significati che vanno oltre la conoscenza(bellissime le sue citazioni sull'arte della fotografia) per diventare "sapienza". Da questo punto di vista non distinguo tra narrazione scritta e fotografia, poiché tutto si intreccia in una personalità che ruota attorno a quel fanciullo che, vedendo il mondo riflesso nella sua stanza, ha capito che la realtà si può cambiare se rimani attaccato ai tuoi sogni.
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