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Il mondo delle comunità religiose altomedievali appare velato da stereotipi tenaci, frutto spesso dell'inconsapevole memoria delle manifestazioni più tarde del movimento monastico: i conventi di frati minori o la clausura. Una deformazione prospettica a cui si oppone il libro di Giuseppe Sergi, che restituisce spessore e complessità alle realtà religiose organizzate a cavallo del primo millennio, «meno missionarie o meno aspre» delle successive, e in rapporto vigoroso e originale con la società del tempo. Titolari di poteri signorili, esercitati tra il X e il XIII secolo senza rilevanti differenze rispetto alle coeve signorie laiche, le comunità religiose altomedievali furono cruciali centri di vita aristocratica, sia per la dimensione elitaria delle esperienze religiose e civili a cui si aprivano, sia perché, semplicemente, nella nobiltà venivano reclutati in prevalenza i loro membri: essi furono anche fondamentali punti di riferimento sociale, centri di coesione etnica e dinastico-familiare, oltre che di rifugio e resistenza culturale. Attraverso le fonti lasciate dalle comunità religiose - canoniche, monasteri, abbazie e ospizi quali Novalesa, S. Michele della Chiusa, Moncenisio - emerge la diversa «presenza nel mondo» di vescovi, chierici e monaci, e si manifestano i loro differenti rapporti con la società circostante. Scorre così davanti a noi la dimensione orizzontale della vita delle élites, ricca degli scambi culturali fra i religiosi «intellettuali attivi e mobili» e, insieme, delle esperienze dell'aristocrazia militare; ma si percepisce anche la dimensione verticale delle gerarchie interne alla società medievale, scandita dalle catene e dagli incroci delle protezioni, delle ospitalità, delle appartenenze.
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