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Lei se ne va. Storie del disagio mentale - copertina
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Descrizione


Antonella è un'infermiera tirocinante presso l'unità d'igiene mentale di un ospedale emiliano. Dialogando con un ragazzo diventato anoressico per amore, scopre gli abusi patiti dal personale e altri intimi traumi che lo condurranno al suicidio. Giulia, una madre coraggiosa, vive quotidianamente la sofferenza della figlia affetta da disturbi psichici causati da una violenza. Ciccio, ragazzo con la passione per i Beatles, inveisce contro il suo idolo Paul McCartney, reo di non dividere i suoi guadagni con lui. La "Nuova Cucina Organizzata", il cui nome sbeffeggia l'organizzazione mafiosa di Raffaele Cutolo, abbatte definitivamente recinti e pregiudizi, e genera un originale ricongiungimento umano attraverso il cibo. Queste e tante altre sono le testimonianze di un microuniverso quasi sconosciuto, con le sue fascinazioni, i suoi drammi, i suoi mutamenti, le sue vittorie. Pazienti, medici, parenti, operatori, si raccontano dando corso ad un'opera che oltre a descrivere minuziosamente il disagio mentale, s'impernia sull'utilità dell'ascolto. Ascoltare, ascoltarsi, vuol dire concedersi un'altra occasione esistenziale. Prefazione di Don Luigi Ciotti.
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Dettagli

2014
184 p., Brossura
9788866671459

Valutazioni e recensioni

Gloria Gaetano
Recensioni: 0/5

Questo libro si pone nella condizione di veicolare la scienza psichiatrica e antipsichiatrica travalicando i confini tecnicistici, di settore. Per rendere possibile ciò, più che fornire una documentazione diagnostica (esterna), avanza al lettore un ventaglio di storie affascinanti dove più che la malattia, sono le persone a stare nel mezzo di un universo alle volte inaccessibile. Queste storie non possiedono una struttura predefinita, seriale, poiché rappresentano la trascrizione di un contenitore multimediale, un blog, su cui tutti hanno sentito di riportare la loro testimonianza: hanno vergato la loro confessione i parenti di persone affette da disagio mentale, così pure infermieri e dottori operanti nelle strutture ospedaliere, anche i pazienti stessi, guariti o in via di guarigione. In sostanza, dietro un’ambientazione prevalentemente meridionale, si compie l’attuazione degli insegnamenti di Franco Basaglia e della legge nata grazie a lui, ovvero la legge 180: l’abbattimento dei recinti, l’integrazione studiata dei pazienti, l’annullamento di un concetto retrogrado di diversità. Sono storie dei giorni nostri e già il fatto che si sviluppino in un contesto meridionale, rappresenta in sé una sfida. Perché di sfida si parla quando alcuni, ancora oggi, considerano di difficile applicazione alcune teorie basagliane nel sud. Ma veniamo ad una descrizione più accurata. La prima parte del libro non è altro che un’educazione alla lettura delle storie descritte poi. Questo è un passaggio fondamentale per la predisposizione del lettore alla comprensione della sintomatologia pur romanzata del seguito: si snocciola tutta l’opera di Basaglia, si descrive il concetto del narrare per guarire, si introduce l’importanza dell’ascolto a partire dalla mimica facciale. Il nocciolo dell’opera è il susseguirsi dei detti racconti, la cui bellezza giace nella poesia delle descrizioni patologiche in sé, nell’attraversamento dei drammi, nelle guerre silenti sostenute o rifiutate dal circostante, ma anche e soprattutto nel vantaggio stilistico dettato dal ventaglio di autori presenti. Si assiste alle vicissitudini di Antonella, un’infermiera tirocinante presso l’unità di igiene mentale di un ospedale emiliano, i suoi dialoghi con un ragazzo anoressico per amore, i soprusi subiti dal personale, il suicidio che ne è derivato; poi ancora si legge di Gloria, una madre coraggio, e dello strazio vissuto accanto ad una figlia affetta da disturbi psichici; poi ci si imbatte nelle fissazioni di Ciccio, ragazzo con la passione per i Beatles, che vocia contro il suo idolo Paul McCartney reo di non dividere i suoi guadagni con lui; queste, come diverse altre, sono storie che ricordano l’opera di Thomas Bernhard, specie Perturbamento, dove la dominante presente è la significazione della malattia attraverso processi autoterapeutici di eloquio, orazione. La terza parte del libro riguarda le strutture dedite alla guarigione dei pazienti e la vastità di iniziative connesse alle reintegrazione lavorativa, all’occupazione in tutti i sensi: occupare il tempo, fare, relazionarsi in tutti i modi, produrre, guadagnare denaro, saperlo quindi utilizzare diligentemente. Questa è la parte più interessante dell’opera, permane quella poeticità già espressa nei racconti, e si esprime il senso delle microvittorie personali relegate all’ombra di una società che spesso non vede, ma che quando s’accorge, contribuisce a contornare di festa ed emozione l’impresa. La Comunità di Monticello è uno degli esempi. In essa si fa fatica a distinguere l’operatore dal paziente, si coltivano vigneti, orti, si vivono i disagi della crisi economica, gli stipendi che tardano ad arrivare ma che quando arrivano scatenano le gioie, il contributo delle cooperative sociali che acquistano i prodotti e assumono a loro volta il personale, e soprattutto gli amori, quindi la nascita delle famiglie. Un altro esempio è la cooperativa sociale. Tale realtà si articola in una varietà di funzioni esterne, dove il disagio mentale rientra in un concetto molto più ampio di contrasto a forme reclusive, dette Istituzioni Totali, già sapientemente espresse nella rinomata opera di Erving Goffman, Asylum e che vede sbocco problema delle carceri. Anche questo libro ci insegna cosa comporti, in termini di integrazione e crescita collettiva, il passaggio dalle strutture istituzionalizzate monofunzionali (ospedali, manicomi ecc) alle strutture polifunzionali, le quali cambiano in funzione delle personalità cangianti. La Nuova Cucina Organizzata (il nome sbeffeggia l’organizzazione mafiosa di Raffaele Cutolo) rappresenta una porzione letteraria di pregevole fattura per livello contenutistico: dietro quello stile costantemente sobrio, si srotola la storia di una cucina in San Cipriano d’Aversa, la cui inaugurazione avviene attraverso una trovata che sconvolgerà tutto il vicinato, inizialmente scettico e polemico nei confronti dei pazienti e della loro potenziale pericolosità: i ragazzi, autonomamente, senza ausilio alcuno, decidono di donare le pizze a domicilio, il vicinato si vede recapitare dagli stessi soggetti la cena e ne rimane basito. L’ultima parte del libro abbandona nuovamente i caratteri dell’incedere romanzesco, per acquisire quella connotazione saggistica espressa nella prima parte. E’ il ritorno all’eredità di Franco Basaglia, all’importanza della percezione corporea, dell’ascolto, al concetto reale di antipsichiatria, a quanto significhi il lavoro nell’ambito del disagio psichico. COMMENTO ALLA LETTURA La particolarità di quest’opera sta nel saggio coordinamento dei suoi autori. Non è facile assemblare con tale effettismo una gamma di storie simili e diverse nel contempo, mantenendo comunque quella vivacità poetica tipica della descrizione di psicopatologie. Pur avendo una valenza scientifica, quest’opera può anche avere uno sbocco meramente didattico, poiché conduce il lettore alla rivalutazione della indiscutibilità istituzionale. Non a caso, gli autori rifuggono perennemente il valore delle strutture istituzionalizzate monofunzionali a favore delle strutture moderne, tese a cambiare in funzione delle personalità cangianti. Il fatto che abbia una diversificazione stilistica credo contribuisca ad una accettazione sempre più ampia dell’opera. Tuttavia esiste una debolezza causata dalla minore valenza di almeno due storie rispetto al livello complessivo dettato dalla stesura. In relazione ai tempi che viviamo, dove, come anche emerge nel manoscritto, il grande lavoro di Franco Basaglia rischia di essere messo in pericolo da nuove rivisitazioni legislative, questo è un libro che potrebbe essere preso in seria considerazione a livello nazionale, non fosse altro per la vergogna legata alla reclusione in Italia (carceri).

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