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«L'Europa diventa veicolo di identificazione politica in presenza di un nemico; l'opposizione fondamentale è sempre libertà europea/dispotismo barbaro; il concetto di Europa scompare con l'allontanarsi della minaccia.Perché l'Europa prenda corpo dobbiamo imparare a pensarla, a riconoscere trame che attraversano secoli, forse millenni. A quel punto sarà più facile rispondere alla domanda: cos'è l'Europa, cosa può essere, cosa dovrebbe essere?»
Se è vero che «il tramonto dell'Occidente è rinviato», cos'è oggi l'Europa? Sopravvissuta a due guerre mondiali, pasciutasi di miracoli economici all'ombra della cortina di ferro, spettatrice del collasso del comunismo e del tramonto del bipolarismo, arrossata senza arrossire dagli scannatoi balcanici, l'Europa scopre di essere assai più una «realtà del pensiero» che una chiara entità politica o geografica. Non sorprende che politici e cittadini del vecchio continente si scoprano oggi del tutto impreparati ad alimentare una vera unificazione europea, persi nelle nebbie di mitologie concettuali che evocano «case comuni» e «Mitteleurope» dai confini liquidi. Di questo luogo immaginato e imprecisato, vagante tra l'Atlantico e gli Urali, Schulze narra con pungente maestria gli inganni, le metafore, le vocazioni, i meccanismi: ecco il ritratto di un mondo millenario che si definisce sempre in negativo, contro un nemico che ne minaccia gli «equilibri»; le luci e le ombre dei suoi figli prediletti, il razionalismo, la democrazia, la rivoluzione; gli equivoci anche tragici del nazionalismo. Perché non è la divisione in nazioni a minacciare l'Europa, bensì la pressione centrifuga e terroristica di stati nazionali che aspirano all'impossibile coincidenza di nazione, lingua e territorio. Oggi, ricorda Schulze, non esiste alcun barbaro, né Napoleone, né Hitler a spingere all'unità, ma solo una necessità economica e politica, che si pone a partire dal nuovo assetto tedesco. Solo così, forse, si potrà archiviare la guerra civile europea. L'analisi dello storico si fa proposta politica, lì dove Schulze invita a ripensare e a riscrivere la storia d'Europa a partire dai valori comuni e dagli esempi storici di governo globale. Solo dando voce a regioni e nazioni all'interno di una federazione elastica sarà possibile ricomporre i conflitti. Una sfida che non a caso parte dalla nuova Berlino: la Germania, e la sua storia di costruzioni e distruzioni, rimangono un monito doloroso contro i pericoli di un'organizzazione sganciata dalla democrazia; ma con la sua tradizione secolare di patti federativi tra stati, regni e Länder, la realtà tedesca può contribuire alla definizione di un governo continentale alternativo all'attuale avvilente centralismo tecnocratico di Bruxelles.
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