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«Il talkshow si svolge in sala, davanti al pubblico. I titoli scorrono su immagini di Goethe. Li legge la voce di un uomo già avanti negli anni:- Né la letteratura universale, né tantomeno la letteratura tedesca presente e futura riusciranno mai a liberarsi di me. E dunque agli amanti della storia non sarà sgradito venire a sapere come andarono davvero le cose ai nostri tempi - . Firmato: J. W. Goethe».
«Furfante, farabutto». Chi mai oserebbe immaginare oggi che epiteti del genere fossero quotidianamente riservati niente meno che al signor Wolfango Goethe? Chi è in effetti colui che a noi appare un «classico» quando sia visto con gli occhi prosaici dei contemporanei? Quale irritante e curioso amalgama di arte e vita, di apprezzamenti e pettegolezzi, di lodi sperticate e acide malevolenze?Enzensberger si è divertito a mettere il naso tra lettere e carte d'archivio, montando un pastiche che assume la forma di un talkshow televisivo sulle malefatte del Goethe autore e uomo visto dai suoi concittadini, e di un radiodramma che manda in onda l'amore-odio e infine il tragico divorzio tra Clemens Brentano, il più grande poeta del romanticismo tedesco, e sua moglie Auguste, l'unica ad avere applicato alla vita i criteri della poesia.E sul ciglio della realtà, in una finzione anacronistica in cui si incontrano gusto per la ricostruzione documentaria, amore per la poesia e riflessione sui mezzi di comunicazione di massa, si muove anche il testo di Enzensberger: «Ciò che resta dei classici è forse quel residuo che giunge a noi come risorsa inattuale». In ogni caso, «la massiccia schiera dei media simultanei ed elettronici non è riuscita a scacciare quegli spiriti anacronistici che chiamiamo poeti».
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