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Anno edizione: 2008
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Anno edizione: 2013
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Murakami riesce a trasportarmi nel suo sogno, in una realtà che, pur vivendola, risulta quasi evanescente. L'ho letto tutto d'un fiato e mi sono innamorata della scrittura e dei pensieri di quest'autore! Precisamente in After Dark le vite di alcune persone, pur apparentemente senza nessi comuni, si trovano collegate. Ogni capitolo ha raffigurato un orologio che scandisce il tempo del racconto, che è vissuto in una notte e proprio in una notte sono riuscita a leggerlo!
Sono assolutamente all'oscuro sulla narrativa di questo autore. E' assai probabile, perciò, che io l'abbia avvicinato attraverso quello che non dev'essere tra i suoi lavori migliori, visto il consenso critico di cui gode questo autore. Man mano che procedevo nella lettura, anziché essere avvinto dalla storia e dai suoi personaggi, mi son trovato sempre più a essere infastidito dallo stile, dai modi, da una vera e propria invadenza del narratore. I racconto è organizzato come una sorta di sceneggiatura: che però, alla fine, appare una sceneggiatura assai prolissa. La ricerca degli "effetti" - come, ad esempio, quella di dar voce al punto di vista di un pavimento - diventa troppo scoperta per non travalicare in una artificiosità stucchevole. E troppo spesso l'insistenza sui particolari si trasforma in una esaltazione di ovvietà o banalità che vengono presentate come sfolgoranti scoperte. Alla fine la storia si perde, e l'esaurirsi della notte in cui si svolge tutta l'azione lascia come la sensazione di un tempo inutilmente perso in una lettura che non lo meritava.
Tutto in una notte. Un incipit che fa un pò Chobits un pò Blade Runner nella Tokyo notturna. E quello che si sente, in questa notte vissuta intensamente, è che anche al giorno d'oggi esistono i buoni sentimenti, persone di cui ci si può fidare ed altre di cui si deve assolutamente diffidare, che l'imprevisto può entrare nella nostra vita, che l'alba arriva sempre. Per quanto profondamente dorma una persona, non può inoltrarsi a tal punto nel territorio della letargia. Non può abbandonare la coscienza in modo così totale. Il tutto scorre lieve con sottofondo jazz e citazioni cinematografiche. "Perchè ad Alphaville nessuno deve provare emozioni profonde. Quindi non esistono sentimenti come l'amore e nemmeno la contraddizione o l'ironia. Tutte le cose vengono regolate usando una formula matematica, secondo uno schema centralizzato." Non è certo il capolavoro di Murakami, nè la summa dei temi a lui cari (anche se un gatto appare sempre qua e là, si fuma da turchi e i limiti della realtà sono flebili), è un libro interlocutorio e forse di contorno o di passaggio. "Sono uno piuttosto riservato, io. Non mi piace stare sotto i riflettori. Preferisco un rolo secondario, diciamo di contorno. L' insalata di cavolo, le patatine fritte, il tipo che fa il coro in sottofondo ... quella roba lì, insomma." Sembra sempre che debba succedere qualcosa, ma in fondo tutto è già successo. I dialoghi talvolta sono così strambi ed inconcludenti che non sembra possano approdare a nulla, eppure in essi vi è una profondità in genere non presente nel parlare comune. Takahashi e Mari sono adorabili, più lui che lei in realtà, visto che fa un pò troppo la sostenuta. "- Hai visto Love Story? Un vecchio film, - le chiede Takahashi. Mari fa cenno di no. - Lo davano l’altra sera alla televisione. Un bel film, interessante. Ryan O’Neal è l’unico figlio di un’importante famiglia ricca sfondata; quando è ancora studente sposa una ragazza povera d’origine italiana e viene diseredato in tronco. Non gli pagano più nemmeno le spese scolastiche. Ma i due tirano avanti con quel poco che hanno e intanto lui riesce a studiare, si laurea alla facoltà di Legge di Harvard col massimo dei voti, e diventa avvocato. A questo punto Takahashi fa una pausa. - Be’, la povertà, - riprende, - quando è Ryan O’Neal a viverla, non sembra questa gran disgrazia. Indossa spessi pullover bianchi fatti a maglia, gioca a palle di neve con Ali MacGraw, in sottofondo c’è una musica melensa di François Lai… Ho l’impressione che se fossi io, a fare tutte quelle cose, l’effetto sarebbe completamente diverso. Nel mio caso, la povertà sarebbe soltanto povertà. Non credo che verrebbe giù una bella nevicata apposta per me."
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