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bellissimo testo.
E’ difficile dire qualcosa di completo,in poche parole, su questo classico della critica d’arte. Perché sono così tanti i piccoli insegnamenti,le perle di saggezza,gli splendidi brevi ritratti di artisti (Hokusai e Gaugin su tutti) che fanno capolino tra le pagine del testo,che davvero una smilza paginetta di word appare poverissima- a pensarci,questa difficoltà già dice tanto dell’estrema ricchezza di un libretto che,alla fin fine,non conta nemmeno centotrenta pagine! Allora,restringendo il campo,potrei dire che uno dei maggiori insegnamenti che Focillon affida a queste pagine consiste nell’abbandono e nel rifiuto di ogni tipo di lettura dell’opera d’arte derivante da interpretazioni schematiche e meccanicistiche. Egli sa bene che l’opera d’arte è un organismo estremamente complesso,variegato e molteplice- per significato come per genesi:il rifiuto di ogni lettura univoca (sociologica,formalista) è anche la serena ammissione della ricchezza dell’opera d’arte. Essa,infatti,non può essere guardata da un solo punto di vista,poiché così facendo non si terrebbero in alcun conto altri elementi parimenti fondanti per la sua ricostruzione genealogica e semantica. Ecco allora che (come chiarisce Castelnuovo nella succosa introduzione al volume) Focillon fonda la sua lettura dell’arte avvalendosi di un metodo che ha nell’utilizzo di termini antinomici un pilastro essenziale. Perché ammettendo il fatto che termini dai significati opposti entrino con pari diritto nella speculazione sull’essenza dell’arte,è proprio quella complessità e quella ricchezza che le sono proprie che vengono salvaguardate. Il sistema antinomico non porta però all’accettazione passiva di qualsiasi termine! Anzi,i concetti vengono saggiati con costanza e,a seconda dei casi,ampliati nel loro significato o sostituiti:è il caso del concetto di “razza”, ripudiato e sostituito da quello di “famiglia spirituale”,anti razziale e atemporale (e se pensiamo che il testo è dato alle stampe nel 1936,tutto ciò diventa ancor più importante). La grandezza di Focillon è anche nel fatto che i frutti delle sue speculazioni vengono costantemente riportati alla concretezza delle opere; egli è tutt’altro che avaro di esempi:essi spaziano in lungo e in largo per confini geografici (dall’Oriente all’Occidente),epoche storiche (dal Medioevo al diciannovesimo secolo),e per generi artistici (dalla scultura romanica all’arte decorativa mediorientale). Dunque,quelli che sono stati gli interessi di Focillon ritornano negli esempi esplicativi delle teorie. Nel trattare dell’essenza delle forme- a cui Focillon da un ruolo preminente non solo come momento primo della nascita e del significato dell’opera d’arte,ma anche dell’essenza generale della vita - egli affronta l’argomento in relazione ad elementi diversi parimenti fondanti per la loro genealogia e il loro significato:le forme vengono così relazionate allo spirito del singolo artista che le crea,alla tecnica impiegata per crearle,e al momento storico in cui esse appaiono (dove viene negata la fondatezza dell’idea di un processo storico lineare e progressivo). Al momento tecnico della creazione dell’opera d’arte Focillon dà un ruolo preminente (come è noto,l’interesse per le tecniche artistiche nacque in lui dalla frequentazione dell’atelier del padre,incisore); egli è convinto che,ricostruendo la fase tecnico-materiale della creazione,il critico possa realmente ricostruire la genealogia dell’opera,perché in questo modo egli si pone le stesse problematiche dell’artista osservandole dal medesimo punto di vista;il momento tecnico è visto quindi come un processo la cui ricostruzione è non solo necessaria,ma anche possibile (l’esempio pratico di una tale ricostruzione viene dall’analisi dei bozzetti). Ecco che appare naturale,per Focillon,far seguire al saggio principale un breve “Elogio della mano”. Tutti questi argomenti vengono così ad integrare l’idea basilare di una vita delle forme che si basa su un metamorfismo dinamico ininterrotto e sui mutamenti dello stile (di cui Focillon da un breve e completo resoconto) visti come correttivi determinanti tale metamorfismo di fondo. Se quindi quello di Focillon è formalismo,lo si potrebbe definire “formalismo di tipo illuminato”-o,come meglio scrive Castelnuovo,”formalismo empirico”.
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