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Anno edizione: 2008
Anno edizione: 2013
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Un compendio di mortificazione del femminile. Troppo compiaciuto per essere di denuncia.
Daisy Miller rappresenta lo stereotipo della civetta americana all’estero, incosciente che il proprio atteggiamento aldilà dei confini statunitensi possa risultare sconveniente ed oltraggioso. Ciononostante ella ci appare diversa rispetto alle sue connazionali più scaltre e disinibite. La signorina Miller viene vista attraverso lo sguardo (infatuato) del signor Winterbourne che, pur notando e imbarazzandosi per i suoi modi di fare, non riesce a scovare in lei la minima traccia di malizia, Di diversa natura è invece l’opinione dell’alta società americana, senz’altro più avvezza agli usi e costumi europei e che, se in un primo momento cerca di redimerla, davanti ai numerosi rifiuti, le volta le spalle. Sfogliando le pagine di questo breve libro ciò che notiamo sin da subito e che più stride con il contesto è il consenso della madre. È difatti la crisi della figura genitoriale, incapace di provvedere ai figli sin da quando sono piccoli (come nel caso di Randolph, il fratello di Daisy) il vero colpevole della disfatta sociale e fisica della giovane. Henry James dà vita ad un personaggio perturbante e fascinoso da cui anche altri artisti prenderanno spunto, è il caso di Francis Scott Fitzgerald che nel suo capolavoro “Il grande Gatsby” forgia la figura di Daisy Fay Buchanan proprio su quella della signorina Miller, stavolta però, invertendo l’epilogo.
Romanzo breve di Henry James che introduce il personaggio di Daisy per denunciare l'ipocrisia e il falso perbenismo degli americani in Europa nel XX secolo
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