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Marcovaldo può leggerlo chiunque, l'adulto e il bambino, e conterrà sempre molta verità, riflessioni molto attuali. La sua forza è questa. Il bambino resterà divertito e incantato dalle stramberie di questo buffo lavoratore e padre di famiglia, ma riuscirà anche a capirlo, perché in molte cose Marcovaldo guarda il mondo e agisce con gli occhi di un bambino; così facendo sarà introdotto all'educazione civica e ambientale e conoscerà un grande maestro della narrativa italiana. L'adulto non potrà non riconoscersi in alcune manie di questo sfortunato personaggio, ne riderà in modo più consapevole, cogliendo più a fondo le contraddizioni, le riflessioni e le implicazioni di un tema, quello dell'inquinamento, sempre più essenziale per la salute nostra, della città e del mondo in cui viviamo. Venti novelle che seguono l'avvicendarsi delle stagioni, una Torino mai nominata e sempre divisa tra bellezza e industria, tutto frutto dell'estro lungimirante e arguto di Italo Calvino.
Ho riletto dopo tanti anni le avventure di Marcovaldo. Al tempo delle medie, ero rimasta molto colpita dal lato umoristico delle storie mentre adesso il protagonista mi è sembrato più amaro perché sempre disilluso nelle sue aspettative e nelle sue speranze di successo. E’ l’ultima incarnazione dell’eroe “povero diavolo” alla Charlie Chaplin: animo semplice, padre di numerosa famiglia, ama la natura ma è costretto a vivere in una metropoli. Tra tutti, mi è piaciuto molto “Un viaggio con le mucche” (anche se con un finale “da magone”!), “Il coniglio velenoso” e “Il giardino dei gatti ostinati”.
Quando si è circondati dal cemento, dall'asfalto, dallo smog, quando i ritmi di vita sono quelli frenetici e caotici della grande città industrializzata, anche il più insignificante indizio di una vita vegetale o animale può dare l'illusione di un riavvicinamento alla natura, di un'esistenza più sana e genuina. Così, soffocato e oppresso dalla grande metropoli, frustrato da un lavoro alienante e per niente gratificante che gli permette a malapena di sbarcare il lunario, Marcovaldo, stralunato manovale proletario, vaga per la città senza badare a segnali stradali e insegne pubblicitarie ma attratto da quel po' di natura che sopravvive alla cementificazione selvaggia: una famigliola di funghi cresciuti in una squallida aiola, una fresca cupola di rami di ippocastano, un piccione, una vespa, qualche alberello ai bordi dell'autostrada, una pianta in vaso all'ingresso della ditta creano nella mente del nostro eroe il miraggio di un contatto diretto con un mondo incontaminato che in realtà non esiste. Quella che si trova tra il trambusto di automobili e di tram, tra strade, marciapiedi e palazzi, non può essere la natura fresca e gioiosa che sogna Marcovaldo, ma una natura sofferente, opaca, corrotta anch'essa dal boom economico. E ogni volta che questa triste verità si palesa agli occhi del protagonista, la delusione prende inevitabilmente il sopravvento. Calvino racchiude tutto ciò in venti storielle comiche e strampalate che non nascondono una vena critica e malinconica, i cui tempi sono scanditi dal lento e ciclico avvicendarsi delle stagioni. Alternando una prosa semplice e scanzonata a passaggi più suggestivi e poetici, l'autore descrive il disagio dell'uomo moderno costretto a vivere tra asfalto e ciminiere, obbligato a lavorare in aziende simboli di sfruttamento e di folle consumismo, biasimando il concetto di civiltà industriale ma al contempo distruggendo le inani velleità di chi sogna un ritorno ad una vita più sana e campestre perché, come la storia ci insegna, tornare indietro è quasi impossibile.
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