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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2010
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"Quarantaquattro. Che cosa è più importante, se la fama o l'integrità. Che cosa è più prezioso, se il denaro o la felicità. Che cosa è più pericoloso, se il successo o il fallimento. Se cerchi dagli altri la realizzazione non sarai mai realizzato. Se la tua felicità dipende dal denaro non sarai mai felice. Accontentati di quello che hai e godi del modo in cui sono le cose. Quando capisci che hai tutto ciò di cui hai bisogno, il Mondo ti appartiene." Capito questo, capito tutto. L'autobiografico racconto -parzialmente romanzato su sua stessa dichiarazione- del più intimo James Frey ci pone un interrogativo non da poco: siamo davvero in grado di conoscere noi stessi abbastanza da capirci? Quanta è la consapevolezza che ognuno di noi ha di se stesso, dei propri intimi bisogni e della propria capacità di essere sè? È possibile aiutare chi non vuole essere aiutato, oppure è il caso di vigilare da lontano sui propri cari, senza elargire nessun consiglio, gradito o meno, ma non necessario? Il giovane Frey si svela davanti ai nostri occhi spalancando un orizzonte di desolante superficialità: troppo benestante per avere un obiettivo nella vita, troppo spocchioso per avere una moralità, troppo umano per poter vivere senza veri affetti, illuminato solo dalla luce del possesso, si lascia avvolgere da una spirale di alcolismo, tossicodipendenza e violenza compulsiva. Si raccoglie nel suo più intimo di dolore tangibile e oscurità. "Sono seduto da solo ad un tavolo. È buio e sono so dove sono e come ci sono arrivato. Ci sono bottiglie di liquori e di vino dappertutto e sul tavolo davanti a me c'è un grosso mucchio di cocaina bianca un sacchetto enorme di crack giallo. C'è anche un cannello, una pipa, un tubetto di colla e un barattolo aperto pieno di benzina (..). Afferro la bottiglia, la porto alle labbra e mando giù una lunga sorsata che mi brucia la bocca, la gola e lo stomaco. Per un istante brevissimo mi sento completo. Il dolore che mi porto dietro scompare" Più volte, costretto dalla famiglia- non tanto per amore, ma piuttosto per decenza- alla riabilitazione fugge ripetutamente, finché la famiglia stessa risoluta nel suo proposito minaccia di abbandonarlo alle sue scelte. Questa prostrazione dell'abbandono lo costringe finalmente a guardarsi dentro e a scoprire il gran vuoto strutturale che lo ha contraddistinto nella sua gioventù. Il Frey in cammino verso la riscoperta di se stesso si rivela fragile, ma risoluto, incapace di essere solido, ma alla ricerca vera di una profonda stabilità. Giovane ed immaturo, ma capace di godere delle piccole cose, tenere per mano la sua Lily godere di una partita con gli amici del campus riabilitativo. In un milione di piccoli pezzi non ha la pretesa di essere un manuale di sopravvivenza per stomaci forti con anime gentili, ma è un ottimo catartico percorso di vita possibile, vissuta oltre le righe. Feroce, lucido, misurato, mai patetico nè moralista, James Frey tramite la sua esperienza ci fornisce una importante testimonianza. Ricominciare a vivere, ristabilire un equilibrio dopo un lutto interiore non è mai facile e se il lutto è una tua condizione intima e consolidata non lo sarà nemmeno per te, a maggior ragione. Non esiste una vita perfetta, ma esiste un modo di vedere meno imperfetta la propria. "Metto giù il libro e chiudo gli occhi. Non sento pace e non sento caos. Non ho speranze e non ne sono privo. Non sono ansioso e non ho fretta. Quello che sento non è il tempo che fugge è semplicemente il tempo che passa come fa e deve fare. Quello che deve succedere succederà." Nessuno di noi avrà mai il cento per cento di sicurezza di essere felice nella massima misura, nel momento di felicita vissuta. La natura umana è insoddisfatta intrinsecamente e alla ricerca di qualcosa di nuovo, pochi conosceranno la stabilità delle proprie soddisfazioni e molte volte cadremo. Le situazioni improvvise o croniche ci porteranno allo stremo delle forze, ci regaleranno momenti di depressione e disperazione pura delle quali dobbiamo imparare a fare tesoro. "Non so se persi il coraggio di uccidermi o se guadagnai la forza di non farlo, ma non lo feci." Ci sentiremo stracci, ci spezzeranno il cuore, ci ridurranno in un milione di piccoli pezzi, ma la vita è una scommessa, che sapremo vincere solo quando saremo consapevolmente sereni nel perimetro dei nostri limiti.
Credo che solo chi abbia sperimentato la vera dipendenza possa descrivere certe cose, James Frey c'è riuscito. Attraverso il suo personale percorso di guarigione, descrive i passi che l'hanno condotto dell'oscurità più profonda, alla fine di un lungo tunnell. Lo stile del libro cambia con la lucidità dello scrittore. Inizialmente è sgrammaticato, sintatticamente frustrante, ma mano a mano che ritrova il controllo di sé, tutto riprende una logica discorsiva. Il fatto che sia il suo autentico dramma personale, lo rende un libro ispirante, lo consiglio vivamente.
In un milione di piccoli pezzi, per me è stato un libro epifanico. Il libro ha come argomento la fase riabilitativa di un tossico ma al contrario di quello che si potrebbe pensare, coinvolgerebbe chiunque anche chi con le droghe non ha mai avuto niente a che fare, affrontando il discorso sulla dipendenza e il male di vivere da un lato molto introspettivo e psicologico. Leggendo questo libro ci si rende conto che un po' tutti ci nascondiamo in delle dipendenze, chi verso il cibo, chi verso il caffè, il fumo e chi arriva agli estremi e rischia la vita attraversando una soglia da cui è difficile tornare indietro. E' un libro bellissimo e coinvolgente, la parte migliore della trama si svolge quasi interamente nella mente del protagonista, un tipo forte, intelligente, coraggioso che si avvicina alla riabilitazione dandosi un'ultima possibilità per salvarsi la vita. E' un libro istruttivo che secondo me dovrebbero leggere tutti, anche per ridare un po' di umanità alla concezione che si ha dei tossicodipendenti, che di consuetudine vengono emarginati quando probabilmente incarnano una delle categorie che più di ogni altra ha bisogno di aiuto e comprensione.
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