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Dio non è quel che credi
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Dio non è quel che credi - Jean-Marie Ploux - copertina
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Dio non è quel che credi

Descrizione


Dio è sempre al di là delle immagini e delle parole con cui gli uomini cercano di rappresentarlo; è un Dio nascosto, che si può conoscere ma non "sapere" fino in fondo. Eppure, per evocarlo, l'uomo ha bisogno di "dirlo", e il modo in cui lo racconta non è indifferente: un Dio falsato porta a una falsa visione della vita. Come discernere, allora, tra le diverse rappresentazioni di Dio? Con un linguaggio semplice e chiaro, l'autore indica e approfondisce un criterio fondamentale: ogni descrizione di Dio che va contro l'uomo e la sua vita, che lo sminuisce o lo distrugge è falsa. Un Dio per l'uomo e degno di lui, infatti, non può essere altro che colui che aiuta l'uomo a divenire più umano e che lo libera da quanto lo disumanizza.
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Dettagli

2010
1 giugno 2010
104 p.
Dieu n'est pas ce que vous croyez!
9788882273088

Valutazioni e recensioni

EMA DOVANO
Recensioni: 4/5

Chi ha studiato il catechismo, chissà quanti anni fa, sa rispondere alle domande che si trovano nell'indice del volume di Jean-Marie Ploux. Le risposte imparate a memoria erano chiare, piene di aggettivi superlativi, che davano la sicurezza e l'autorevolezza di conoscere le basi della fede cattolica e anche l'infantile tranquillità di saper guardare la storia, la propria vita, i fatti del mondo. Poi la vita, dopo le lezioni di catechismo, ha macinato la sua parte, molti pensieri si sono sminuzzati e diventati cose indefinite e poi dubbi. Chi ha abbandonato la fede ha pensato probabilmente che quel Dio lì era un 'Dio inutile'. 'Il mondo [senza] sembrava non andare avanti né meglio né peggio, si finì con il chiedersi se non fosse un'illusione', Dio, il Dio di Marx, inventato per la garanzia dell'ordine sociale a profitto dei ricchi, il Dio di Freud, creato per reggere gli insopportabili sensi di colpa personali di fronte al male e al malessere, il Dio di Nietzsche che 'induceva gli uomini a una vita mediocre nel fuggire la realtà di questo mondo con le sue gioie, le sue sofferenze, e anche le sue lotte necessarie' (p.17). La secolarizzazione e la modernità si sono portate via tradizioni e certezze e hanno prodotto un venir meno del senso dell'Io e una specie di smarrimento della coscienza e della religione. E poi il pensiero che - non è perché desideriamo l'esistenza di Dio che lui esiste, 'non è perché ci ribelliamo alla morte che c'è una vita dopo la morte'. Ma allora - dice J.M. Ploux - perché continuare a desiderare di uscire dai propri limiti, correre per le cime delle montagne, 'perché i monaci, l'arte o la follia degli amanti?' (p.18). Perché gli uomini desiderano la bellezza. '(…) Gli uomini privi di desiderio rischiano di rinunciare alla loro umanità' - questo bel pensiero non basta a ripensare a Dio, a dimostrare Dio. Lascia però aperto un orizzonte. Jean Guitton si interrogava spietatamente quale atteggiamento di fondo gli sarebbe rimasto nel caso in cui avesse perso la fede. Gli sarebbe rimasta l'esigenza della verità, la nostalgia della bellezza, l'aspirazione alla bontà, il desiderio di gratuità (Chaque jour que Dieu fait, 1995). Ploux dice e conferma che molti non credono né sperano più in Dio ma credono e sperano nell'uomo: non è obbligatorio il salto della fede; dice che è impossibile il contrario: 'per quelli che pongono la loro fiducia in Dio, amare gli uomini e amare Dio sono tutt'uno' (p.35). Un amico prete che vive da sempre insieme alle famiglie dei minatori in Belgio - di fronte alla domanda frequente del perché credere - diceva 'Mi ha conquistato la Sua tenerezza'. 'Agisce [per amore], per compassione per la gente la cui infelicità gli strazia il cuore' dice J.M. Ploux (p.44), ma è sensibile alla poesia della vita, alla felicità, partecipa alle nozze e ai banchetti. La tenerezza è la scoperta della bellezza del mondo, è dono, quindi gesto gratuito, senza asservimento e senza possesso: 'Paolo (…) scrive che si può essere un grande scienziato, un eroe di guerra, un uomo di religione, un grande spirito umanitario, eccetera, e fare tutto senza amore, cioè senza quella innata gratuità, quella benevolenza e quella umiltà cha fanno sì che si scusa tutto, si crede tutto, si spera tutto… (ICor 13,7)' (p.83). Cioè 'sì, basta amare, ma è senza fine. (…) E cambia qualcosa vivere il nostro amore con o senza Dio? Come dirvi cosa cambia? Siccome Dio non è nell'ordine del bisogno o della necessità, questo non cambia nulla. Ma siccome lui è nell'ordine di una presenza gratuita e siccome la gratuità è al di là del necessario, questo cambia tutto'.

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