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Anno edizione: 1981
Anno edizione: 2016
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Nell’estate del 1926 la «Frankfurter Zeitung» propose a Joseph Roth un viaggio in Russia. Dopo i primi anni di entusiasmo per la rivoluzione, quando si firmava «Roth il Rosso», egli era entrato, ora, in una fase di dubbio: così vide quel viaggio come una preziosa occasione di verifica. Attento, curioso, con occhio vivido e mano ferma, vagò per le grandi città, seguì il corso del Volga, si spinse fra i popoli dell’Asia Centrale, scrivendo a caldo le sue corrispondenze. All’inizio, il suo atteggiamento è di forte simpatia verso quel mondo in formazione. Ma la sua lucidità gli permette anche di vedere il tetro squallore di quell’«uomo nuovo» che già si incontra in ogni strada. Mentre schiere di scrittori occidentali avrebbero visitato la Russia per decenni, gareggiando (salvo poche eccezioni) in cecità e servilismo, Roth vide e seppe raccontare tutto ciò che allora si poteva vedere. Queste sue pagine vibrano non solo per la sua arte di narratore, ma per la sua chiaroveggenza di testimone. A Walter Benjamin, quando si incontrarono a Mosca, Roth disse di essere partito bolscevico e di ritornare monarchico. In verità si stava compiendo in quei mesi la trasformazione di Roth in uno dei suoi personaggi: Franz Tunda, il protagonista di Fuga senza fine, colui che combatte per la rivoluzione e poi si aggira in un’Europa decaduta, ma soprattutto non appartiene più a nulla, ha reciso ogni legame di affinità con tutti i mondi che lo circondano e ascolta «rapito il canto dei tarli». Questo viaggio è una delle prime testimonianze illuminate di uno scrittore occidentale sulla Russia sovietica: ma esso segna anche un passaggio decisivo nell’evoluzione di Roth. Come leggiamo in una lettera da Odessa a Bernhard von Brentano: «È una gran fortuna che abbia fatto questo viaggio in Russia: altrimenti non avrei mai riconosciuto me stesso».
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Roth fu giornalista e romanziere prolifico In questo libro sono raccolti articoli di un reportage in russia fatto negli anni 20 Di sicuro al tempo l'esperienza sovietica destava forti timori o speranze per cui il reportage aveva un valore di estremo interesse. Inoltre Roth fece propria una precipua interpretazione di come il regime sovietico stesse creando una classe piccoloborghese prima inesistente in russia: tesi paradossale e scandalosa ma non priva di spunti. Al lettore attuale, questo reportage - sulle scuole sovietiche, i giovani, le feste, la lotta contro le chiese, il trattamento delle minoranze - risulta di poco interesse. probabilmente solo per chi ha interesse per il periodo pre-Stalin, può trovare spunti, e la bella scrittura di Roth non colma la noia per temi superati o statistiche. Per chi fosse interessato al Roth giornalista, consiglio presso lo stesso editore "museo delle cere", raccolta di feuilleton dome più traspare l'acutezza di osservazione e il talento letterario
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