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C’è chi ha scritto che i giallisti scandinavi sono più freddi e meno splatter rispetto ai colleghi americani, ma la differenza non è così banale. Gli autori di cui parliamo non hanno paura di osservare il delitto con un severo occhio morale, sorretto da una solida visione politica. Da indagine/rebus, il poliziesco si trasforma in indagine sociale, fino a costituire una specie di coscienza etica dell’Europa. “In caduta libera come in un sogno” è il terzo e ultimo episodio del ciclo di romanzi Välfärdsstatens fall, “I casi dello Stato sociale”, al centro del quale c’è l’istruttoria poliziaria/processuale più lunga e complessa della Svezia moderna, uno fra i più intricati casi di omicidio politico rimasti irrisolti in un paese industrializzato: l’assassinio di Olof Palme, primo ministro e presidente del Partito socialdemocratico svedese, principale artefice dello stato sociale nella sua età matura. La trilogia ha inizio nel 2002 con “Tra la nostalgia dell’estate e il gelo dell’inverno”. L’ispettore di polizia Lars Martin Johansson indaga sullo strano suicidio di un giornalista americano a Stoccolma, che a quanto pare stava scavando nei trascorsi del primo ministro svedese, compresi i suoi rapporti di gioventù con il controspionaggio sovietico. La vicenda è ambientata nel 1986, e si conclude proprio con l’assassinio di Olof Palme. Il secondo romanzo, “Un altro tempo, un’altra vita”, vede Lars Martin Johansson negli anni Novanta, trasferito al controspionaggio, dove riesce a mettere a fuoco una montagna di dettagli sul discutibile passato politico e diplomatico di Palme. In questo terzo romanzo, Johansson, ormai numero uno della polizia svedese, soprannominato “il macellaio venuto dal nord” per il suo inossidabile atteggiamento morale, decide di riaprire informalmente l’indagine Palme con una nuova squadra di poliziotti. L’obiettivo è giungere se possibile a una conclusione entro la data di prescrizione. Questo ultimo romanzo, che può anche essere letto come opera a se stante, è una straordinaria ricostruzione di un’indagine di polizia, che non indulge minimamente a colpi di scena sensazionalistici, al contrario di Henning Mankell. La struttura dei romanzi di Persson è più da noir che da romanzo poliziesco: i vari tentativi dei protagonisti di pervenire a una ricomposizione dell’ordine, la riaffermazione dello stato di diritto, sono destinati a scontrarsi con la complessità di una partita condotta contro troppi avversari. Leif Persson conosce molto, molto bene la psicologia degli operatori di polizia, e anche dei servizi segreti. La sua tesi (letteraria) sul caso Olof Palme è semplice e brutale, molto meno cervellotica delle piste seguite effettivamente dagli investigatori svedesi: non esiste un complotto politico, eppure l’omicidio è senza dubbio politico; la possibilità di una cospirazione interna alla polizia rischia di depistare le indagini, eppure è da lì che la revisione del caso è naturalmente destinata a ripartire; un complotto internazionale è sicuramente possibile, a causa dell’esposizione mondiale della vittima (una dimensione planetaria che la Svezia ha perduto insieme a Olof Palme), e al tempo stesso non risulta credibile che anni di indagini anche raffazzonate in questa direzione non abbiano portato a nulla. Dove vuole andare a parare allora Leif Persson? La sua è soltanto un’ipotesi narrativa, oppure è l’unica spiegazione che possa interpretare il fallimento di oltre venti anni di inchiesta su un caso “vivisezionato, smembrato e analizzato minuziosamente in tutti i suoi pezzi”? Persson sembra intenzionato non soltanto a costruire una ipotesi investigativa plausibile, rigorosamente indiziaria e solidamente basata sulla sua comprovata esperienza di criminologia, quanto a edificare un monumento a un mondo scomparso: il Välfärdsstatens appunto, l’età d’oro della socialdemocrazia svedese. Il suo intento non è esplicitamente politico, tutt’altro: la scrittura è sorretta da un’imparzialità di giudizio che sconfina nell’oggettività, semmai è la sua ironia corrosiva che mette a nudo i meccanismi del destino. In una società complessa, è assolutamente impossibile tenere ogni elemento sotto controllo. Franco Ricciardiello
sicuramente è molto diverso dagli altri autori che solitamente leggo. mi sono approcciato in maniera curiosa x la visione che l'autore (criminologo) ha sul delitto Palme. Devo dire che il libro va a sprazzi. Momenti apparentemente inutili intervallati invece a poche pagine intense. Giudizio da aggiornare dopo la lettura degli altri 2 libri della "trilogia"
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