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Anno edizione: 1992
Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2013
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Pubblicato nel 1958 nei «Gettoni» di Vittorini, poi di nuovo nel 1961 con l’aggiunta di un importante racconto, L’antimonio, che è un po’ un romanzo interrotto, Gli zii di Sicilia è la prima apparizione di Sciascia come narratore puro, fabulatore di storie che qui sono della Sicilia e della Spagna (la guerra civile nell’Antimonio). Con voce sommessa e ferma, con una sorta di energia compressa, raccolta in sé, lo Sciascia narratore disegna il suo primo territorio. E subito si riconoscono certi suoi tratti essenziali: l’attenzione alle cose e al dettaglio, il confronto perenne fra la Sicilia e il mondo (il libro si avvia con quell’evento subito favoleggiato che fu lo sbarco degli Alleati), la lucidità nel cogliere i paradossi, gli inganni e le beffe della storia (nella Morte di Stalin come anche nell’Antimonio). Mentre, dalla bocca di uno dei suoi personaggi, ascoltiamo una confessione che, letta oggi, potrebbe valere da epigrafe per tutta l’opera di Sciascia: «E mi sentivo come un acrobata che si libra sul filo, guarda il mondo in una gioia di volo e poi lo rovescia, si rovescia, e vede sotto di sé la morte, un filo lo sospende su un vortice di teste umane e luci, il tamburo che rulla morte. Insomma, mi era venuto il furore di vedere ogni cosa dal di dentro, come se ogni persona ogni cosa ogni fatto fosse come un libro che uno apre e legge: anche il libro è una cosa, lo si può mettere su un tavolo e guardarlo soltanto, magari per tener su un tavolino zoppo lo si può usare o per sbatterlo in testa a qualcuno: ma se lo apri e leggi diventa un mondo; e perché ogni cosa non si dovrebbe aprire e leggere ed essere un mondo?».
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Tre storie per raccontare l'umile condizione e l'umile vita dei siciliani del popolo. Tra parenti emigrati in America, nobiltà scaltra e guerre per mangiare. La scrittura di Sciascia è tagliente perfino quando scrive storie "meno impegnate". Altro che Calvino nel Sentiero dei nidi di ragno, qui c'è un vero spaccato del periodo bellico, feroce, spietato e pieno di folklore. Consigliato perché nonostante la scrittura aspra tipica dello scrittore, i racconti di questa raccolta (godibili tanto quanto de romanzi brevi) si leggono di gran lena grazie all'ironia e alla leggerezza che ne riveste la superficie.
Il volume Gli zii di Sicilia comprende quattro racconti lunghi, i primi tre dei quali apparvero nel 1958 nella serie vittoriniana dei Gettoni, mentre il quarto venne aggiunto due anni dopo. La fede di battesimo è qui particolarmente significativa, perché questi, che sono i primi esperimenti di Sciascia sul terreno della narrativa pura, costituiscono il suo momento di maggior contatto con la poetica del neorealismo e presentano evidenti affinità con altri autori lanciati dalla stessa collana, in primis Calvino e Fenoglio. Un sapore neorealistico si respira soprattutto nella Zia d'America, dove lo sbarco alleato e i primi anni della ricostruzione sono seguiti attraverso lo sguardo onnivoro e salace di un ragazzino di buona famiglia, attentissimo a cogliere con ironica curiosità le reazioni, gli stati d’animo, i tic, le metamorfosi del microcosmo provinciale (l’amico figlio di antifascisti, lo zio fascista nullafacente, sentenzioso e pusillanime, i soldati americani, il variopinto e trasformista notabilato locale). La seconda parte della narrazione è poi dominata dai parenti americani in visita, con la loro pittoresca parlata italoamericana: la zia del titolo, religiosissima e visceralmente anticomunista, e la cugina civetta che farà provare al protagonista i primi brividi d’amore, salvo poi sposare lo zio fascista.
Sullo sfondo della guerra, Sciascia dipinge in quattro racconti un'immagine della Sicilia, dei suoi abitanti, delle sue tradizioni e del suo caratteristico modo di vivere. I personaggi che ci accompagnano in questa visita sono la voce narrante di un popolo che si è spesso visto sfruttare dai potenti, che nemmeno le guerre e i cambi di regime riescono a cambiare.
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