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I quattro racconti che compongono questo volume mettono bene in luce le peculiari qualità della scrittura di Louis René des Forêts, di certo una delle figure più schive e segrete, ancorché sotterraneamente influenti, della letteratura francese contemporanea. L’autore vi rinnova i modi del conte philosophique in un senso affatto originale, agendo sul duplice versante di un’intensificazione percettiva – una sorta di spietata esattezza analitica –, e di un’affilata riflessione intorno alle ragioni più sfuggenti dell’immaginare, dello scrivere, del rievocare.
C’è in questo libro, al fondo, una richiesta urgente di verità. Molieri, protagonista del primo racconto, si attende tutto dalla fortuna perché ritiene la sua volontà incapace di operare attivamente. Egli, come capita spesso ai personaggi del libro, fa della propria impotenza uno strumento di salvezza e di dannazione a un tempo, giacché il rifiuto di essere come è, è troppo facile ma non si può in alcun modo essere, la consapevolezza della vanità di ogni sforzo, non possono che produrre, assieme a un’insostenibile lucidità, una definitiva disillusione. In tutti i racconti, si noterà, un rilievo particolare viene assegnato ai fatti uditivi su ogni altro apporto sensoriale. In effetti, siamo di fronte a un ascolto dalle caratteristiche assai particolari, riferito costantemente alla condizione di chi si tiene all’esterno, attirato dai suoni ma impedito alla vista, come un ascoltatore segreto – che appare non a caso la figura chiave di tutto il libro – che cerchi di sottrarsi a una verifica che potrebbe essere più che dolorosa totalmente distruttiva.
La scrittura di des Forêts non costruisce in senso esistenziale il proprio universo, che corrisponde invece a una sorta di grande meccanismo ironico, il cui paradigma è la rimozione. Ed ecco l’atto, tante volte ripetuto, di se dérober, di sottrarsi, di sfuggire, gettandosi dietro quel che si ostina a rimanere presente – qualcosa di affine a una gaddiana cognizione del dolore: tale il gesto, tale il trionfo e insieme il fallimento dei personaggi, tutti intenti a celebrare la propria irrevocabile liquidazione. Da questo punto è possibile forse scorgere la qualità più propriamente filosofica di questo volume, che cerca di far luce sul fondamentale divergere delle interpretazioni dal mondo, del dissidio e delle differenze come motori del semplice e risolutivo atto di narrare. (s.c.)
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