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Anno edizione: 2005
Anno edizione: 2016
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"La via della seta" è uno studio che investiga l'entità del volume dei commerci nella storia dell'umanità, non tralasciando aspetti collaterali, ma importanti, relativi alla cultura e alla religione del'intera zona euro-asiatica. La trattazione storica comincia con il ruolo svolto dalla seta nel mondo ellenistico-romano e rende ragione delle varie ipotesi che si sono fatte circa la sua prima apparizione in Occidente. Sono state trovate tracce di seta persino in alcune mummie del periodo faraonico in Egitto. Ma ciò che più importa è: quando i cinesi decisero di divulgare la tecnica della coltivazione del baco da seta? E perché, soprattutto, a un certo punto avrebbero deciso di divulgare il segreto della loro principale fonte di reddito, la prerogativa che li contraddistinse dalle civiltà vicine? A questi interrogativi, a cui si risponderà nel corso del libro, la studiosa antepone un'analisi attenta, che è anche confronto tra le fonti scritte tramandate da Romani e Cinesi (impero Han). Così, se per noi italiani la "Naturalis Historia" di Plinio il Vecchio (I sec. d.C.) è opera conosciuta, non lo è altrettanto il "Libro degli Han anteriori" (stesso periodo) in cui pure vi sono descrizioni circostanziate, anche se spesso inesatte, sul popolo che visse nella regione ove "tramonta il sole". I Romani preferivano parlare di "seri" per indicare i cinesi, il cui nome deriva da serica, in latino le "cose di seta". Ma ciò che va rilevato è che in questa fase il commercio tra Est e Ovest non era molto sviluppato e che la seta che arrivava nel mondo romano per vestire generose matrone o senatori corrotti in realtà doveva fare numerosi passaggi intermedi prima di arrivare nel Mediterraneo, con gran soddisfazione dei mercanti che si occupavano delle transazioni. Da qui gli aspri giudizi che ci hanno lasciato Plinio e i censori romani verso una classe dirigente troppo indulgente nel vestirsi con costose stoffe che, invece di coprirle, esaltavano le forme del corpo. Dopo un approfondito esame della tradizione sull'imperatore Huangdi – 86 d.C. –, della dinastia Han, che avrebbe introdotto la coltivazione del baco da seta, e dopo una superflua spiegazione sulle tecniche di coltivazione, comincia la trattazione di un aspetto importante della storia euroasiatica: l'apertura della Cina verso occidente. Lungo e faticoso è stato questo percorso, ma dettato principalmente da motivi strategici e politici. L'impero cinese Han aveva un grosso problema: la minaccia dei nomadi (i Mongoli) che incombevano sui confini. I cinesi cercarono appoggio presso gli altri regni più a ovest per avere un sostegno e concertare una difesa migliore. Qual era lo strumento tramite il quale le ambasciate cinesi riuscivano ad aprire le dogane dei regni vicini? Il dono della stoffa serica grezza o lavorata in finissimi tessuti. E' più o meno attorno al primo-secondo sec d.C. che, dunque, la seta comincia ad acquisire quel prestigio che avrebbe conservato fino alla fine del XIX secolo: il prestigio di essere considerata, per via della sua rarità e preziosità, alla stessa stregua di una moneta di scambio. Ma i cinesi in cambio cosa volevano? I cavalli delle steppe dell'Asia centrale, l'arma più micidiale che i mongoli possedevano per fare le loro brevi ma devastanti incursioni. I cinesi sapevano che non avrebbero vinto nessuna guerra contro i nomadi senza una cavalleria proveniente dall'Asia centrale. In epoca alto-medievale, mentre l'Occidente cadeva nella più totale crisi romano-barbarica, da cui sarebbe poi lentamente ma progressivamente ripartito, la parte asiatica del vecchio continente rifulgeva di commerci e ricchezze orientali di ogni tipo: spezie, coloranti, profumi e seta. Nel frattempo, con lo spostamento sempre più a ovest del commercio della seta, con la maggiore mobilità che i mercanti bizantini e soprattutto persiani (dinastia Sassanide) sfruttavano per raggiungere le coste dell'India e dell'isola di Ceylon, la seta e le spezie d'Oriente circolarono in maniera massiccia. L'invasione musulmana poi (VII secolo) avrebbe favorito i mercanti arabi a scapito dei Persiani e dei Bizantini, in una società che non penalizzava i suoi mercanti (come accadeva nell'Occidente e in Cina) ma che anzi li incoraggiava (Il Profeta non era forse figlio di mercanti e non era mercante lui stesso?). Inoltre, con buona pace di Henri Pirenne, gli Arabi fecero del Mediterraneo l'estrema propaggine di quell'economia globale così come si andò formando fino al Mille. Nel frattempo la storia della Cina è fatta di splendori e fortune (impero Tang, 626-927), e di scambi diplomatici con i Bizantini che cercavano di accaparrarsi gran parte delle rotte commerciali Est-Ovest. Dopo il Mille ci pensarono i Mongoli con la loro pax a garantire l'integrità e la prosperità delle rotte commerciali, favorendo i Genovesi. I Veneziani nel frattempo si divertivano a scrivere storie incredibili sull'Estremo Oriente (XIV). Fu il racconto di Marco Polo autentico? Alcune teorie ne contestano l’autenticità facendo leva sull’inesistenza di fonti documentarie cinesi riguardanti il soggiorno dei Polo alla corte di Kubilai Khan. Procedendo secondo una prospettiva globale, l’autrice narra le vicende della storia eurasiatica dalla mancata alleanza tra il regno franco e i Turchi selgiuchidi, al destino della storia del commercio e della circolazione delle idee fino alla guerra dell'oppio (la forzata apertura dei porti cinesi ai mercanti europei), alla formazione di un'industria lionese della seta, prodotta meglio e soprattutto "sgravata" dai costi di trasporto. La studiosa francese ha scritto un libro interessante, dove vengono riportate alla luce una serie di informazioni utili che sfuggono in genere ai più, a causa di una visione spesso limitata della storia al solo continente europeo. La morale del saggio è questa: l'Europa romana, medievale e moderna non è mai riuscita a scambiare con la Cina alla pari, poiché non fu in grado di produrre un manufatto tanto prestigioso e rifinito quanto quelli di seta prodotti in Cina. L'unica chance che avevano gli Occidentali era quella di pagare a caro prezzo il lusso attraverso la moneta sonante. Discendono da questa disparità le lamentele dei moralisti romani e dei protezionisti (in età moderna) circa il problema dell'impoverimento dello Stato europeo. Ma discendono da lì pure i tentativi dei colonizzatori europei, in epoca contemporanea, di incidere sul mercato internazionale penalizzando le esportazioni cinesi con la forza. L'autrice non manca di osservare però come la Cina non sia mai stata politicamente "conquistata", benché abbia dovuto accettare la forzata apertura dei suoi porti ai mercanti inglesi e francesi , influenzando così, in maniera negativa, l'atteggiamento che i cinesi hanno avuto per tutto il XX secolo nei confronti dell'Occidente. Troppo lungo e ricco di dettagli che, a volte, fanno smarrire la via maestra, il saggio avrebbe forse guadagnato in levità se fosse stato un poco sfoltito.
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