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Anno edizione: 2019
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Arturo e Oreste Squinobal, falegnami e guide alpine, sono state due figure uniche di montanari. Nell'epoca d'oro dell'alpinismo italiano - quella dei Bonatti, dei Mauri, dei Cassin, dei Ferrari - hanno compiuto imprese straordinarie sulle Alpi, in Himalaya e in particolare sul Kangchendzonga che Oreste salì nel 1982 senza ossigeno, ma sono rimasti sempre fedeli alle proprie radici.
«Da ragazzino passavo le estati a Gressoney e imparavo ad andare in montagna da Renzo, l'ultimo dei fratelli Squinobal, guida alpina anche lui. Renzo aveva un negozio di materiale d'alpinismo nella grande casa che Oreste e Arturo avevano costruito anni prima, e in cui abitavano entrambi. Ogni tanto comparivano i suoi fratelli maggiori, con la famosa andatura ciondolante che cercavo di imitare: quella di chi ha camminato così tanto in salita che il suo passo non si adatta al piano, e allo stesso modo la montagna, tutta la montagna che dovevano aver visto, segnava il loro sguardo e i loro gesti.» - Dalla postfazione di Paolo Cognetti
Nati nella valle di Gressoney, sono cresciuti immersi nel paesaggio e nella cultura waiser e hanno sviluppato un atteggiamento di umiltà e di amore per la montagna che hanno saputo trasferire tanto nel mestiere di falegnami quanto in quello di guide alpine. La storia dei fratelli Squinobal, raccontata e pubblicata per la prima volta nel 1985 da Maria Teresa Cometto, che con loro ha scalato e che ha vissuto nella stessa valle, mantiene intatti, a più di trent'anni di distanza e a quindici dalla prematura scomparsa dí Oreste, l'incanto e la forza esemplare di due vite vissute in piena armonia con la natura e nel rispetto profondo per la montagna, intesa come espressione di rigore, di libertà e di gioia.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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