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«Gli dèi sono canti». Prima di essere figure e volti, gli dèi furono un ritmo e una melodia, perché l’origine è sonora, una vibrazione. Se indaghiamo con sufficiente tenacia le cosmologie arcaiche, a questo arriviamo. Ma occorreva la combinazione di un musicologo e di un mitologo, oltre che un’inflessibile audacia di pensiero, perché da questo si giungesse a ricostruire un modello di cosmologia (che poi non è altro che l’articolarsi di una «sostanza sonora») tale da illuminarci sia sulle speculazioni vediche sia sul Verbo giovanneo. Marius Schneider dedicò la sua vita al tentativo di ricomporre la cosmologia arcaica fondata sul suono. Ovunque, in Cina, in Australia, nell’Asia Centrale, in Africa, come anche nei capitelli romanici, ne ritrovò le tracce. La sua summa rimase incompiuta. Così questo breve libro, che apparve nel 1960 come contributo all’Enciclopedia della Pléiade, è forse il testo che meglio ci rivela, per la felicità e la densità dell’esposizione, le linee essenziali di quella visione.
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